Via Savagnone, soluzione Comune non convince nessuno «Non vogliono aspettare il Tar, per me è un abuso di potere»

Gli occupanti di via Savagnone sono ancora nei loro appartamenti, nel palazzo al civico numero otto. Lo sgombero, che avrebbe dovuto avere luogo tra lunedì e martedì, non è arrivato, ma questa per loro non è stata una vittoria. Da giorni infatti vivono con la paura che da un momento all’altro le forze dell’ordine vengano a bussare alla loro porta per chiedergli di uscire, senza neanche il tempo di prendere le loro cose, i mobili, gli oggetti di una vita. Eppure la proposta da parte del Comune è arrivata: un progetto di accompagnamento all’autonomia abitativa, con un budget economico a disposizione di ogni famiglia per affittare una casa per sei mesi. Casa che potrebbero cercare in un mese e mezzo di tempo, quello concesso dall’amministrazione in caso di parere positivo alla proposta. 

Proposta che tuttavia non ha convinto per niente gli inquilini di via Savagnone. «Io vengo da uno sfratto e da un’occupazione – racconta Giuseppe, uno dei condomini dello stabile – chi mi affitterebbe mai un appartamento? E poi con quali garanzie? Cosa posso dirgli: ‘Non ho un lavoro, ma il Comune pagherà i primi sei mesi’? E poi?». Altra spada di Damocle sulla testa di queste persone è il ricorso al Tar il cui esito, atteso per l’otto novembre, è tutt’altro che scontato. Le 13 famiglie ripongono molta fiducia nel responso del tribunale amministrativo e non rinunceranno alla loro piccola battaglia legale. «Il Tar può pure dirci che dobbiamo andare via – continua il giovane condomino – Ma almeno ci darebbe qualche giorno di tempo in più per organizzarci. Non capisco perché il Comune non voglia aspettare la sentenza, che è tra meno di quindici giorni. Onestamente, a me sembra un abuso di potere».

«Vengono a fare la voce grossa con noi che non abbiamo dato mai fastidio a nessuno – prosegue – Ma per dimostrare cosa? Cosa risolvono se ci mandano via? Cosa ci guadagnano? Viviamo nella paura, con l’ansia che da un momento all’altro vengano e ci buttino fuori, senza neanche potere prendere le poche cose che abbiamo. I quattro mobili che ho sono tutto quello che mi resta dopo lo sfratto subito tempo fa, quando li perderò non avrò più niente». Intanto, nonostante i discorsi dei giorni scorsi, resta fuori discussione l’impiego di beni comunali, anche in luogo della graduatoria per l’emergenza abitativa. «A noi basta solo un tetto sulla testa – conclude Giuseppe – Un immobile del Comune, non importa in che condizioni, ci pensiamo noi a metterlo a posto».


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