Messina, il consiglio comunale cambia il suo regolamento Era tra le richieste del sindaco, ora verso ritiro dimissioni?

Una nuova vittoria per il sindaco Cateno De Luca. Da molti è stata letta così l’approvazione da parte del consiglio comunale della delibera che modifica il regolamento del civico consesso. L’atto è stato approvato con una maggioranza bulgara, dopo quattro ore di discussione in aula, con 27 sì, due no e un astenuto. Il primo cittadino non ha presenziato ai lavori dell’aula perché le sue condizioni fisiche non gliel’hanno permesso. Al suo posto c’era il vicesindaco Salvatore Mondello. 

Le principali modifiche riguardano i gettoni di presenza, che verranno assegnati solo in caso di effettiva partecipazione, data dalla presenza in aula per 40 minuti anche non continuativi, o per un tempo non inferiore a 2/3 della seduta. Non percepiranno il gettone di presenza i capigruppo che parteciperanno alle commissioni dove non sono componenti. Parzialmente accolta al richiesta di De Luca di definire i tempi di discussione delle delibere. Ma a differenza di quanto chiesto dal primo cittadino, il nuovo regolamento estende i tempi anche alle delibere del consiglio. È previsto che possano trascorrere massimo 10 giorni per discuterle in commissione e altri 5 per andare in consiglio. Tempi che si raddoppiano quando l’argomento da trattare siano bilanci o questioni riguardanti piani regolatori. Introdotta anche la possibilità di sfiduciare il presidente e l’intero gruppo di presidenza. La proposta può essere fatta da un quinto dei consiglieri o da un gruppo, ma per essere accolta deve essere votata da almeno deu terzi dell’aula

De Luca fino alla scorsa domenica durante il comizio a piazza Unione Europea ha chiesto uno scatto d’orgoglio e di amore per la città ai consiglieri comunali. «Dovete distinguervi per qualità è quantità». Così ieri, a conclusione di quattro ore di seduta, i 31 consiglieri comunali presenti su 32, numeri a cui il precedente consiglio comunale non si è mai avvicinato, hanno trovato la quadra anche sui 51 emendamenti che, dopo svariate riunione tra capigruppo, sono confluiti in un unico grosso maxiemendamento. Anche questo, come la proposta di modifica, è stato approvato a maggioranza dell’aula. Ma non senza strascichi. 

Se infatti da una lato la seduta del consiglio comunale di ieri ha sanato la frattura con il sindaco che ha presentato la lettera di dimissioni sono i precdenti rinvii del consiglio, dall’altro tra il Pd e il resto dell’aula e anche all’interno dello stesso Pd la decisione di votare il nuovo regolamento comunale ha creato una grossa frattura. Unico a tirarsi fuori dalla querelle è stato il consigliere Libero Gioveni non prima di aver ribadito che il suo voto non era condizionato alle possibili dimissioni del sindaco. Gli altri componenti del Partito democratico, Gaetano Gennaro, Antonella Russo e Felice Calabrò hanno invece aspramente criticato l’atteggiamento registrato dai vari gruppi sulle modifiche apportate al regolamento del consiglio comunale e proprio Calabrò ha abbandonato l’aula annunciando che non parteciperà più ai lavori in materie di regolamenti comunali. 

A far scattare la reazione dei tre consiglieri comunali è stato il maxiemendamento approntato in questi giorni per racchiudere tutti i 50 emendamenti che erano stati inizialmente presentati alla proposta dei consiglieri di LiberaMe di modifica del regolamento. Un maxiemendamento che è stato discusso in alcuni incontri che si sono svolti all’interno dell’ufficio di presidenza, retto da Claudio Cardile del Pd, e che avrebbe tagliato fuori i tre consiglieri Pd. Il capogruppo Gennaro ha accusato il collega di aver ospitato le riunioni con i vari capigruppo per trovare un punto comune sul maxiemendamento senza preoccuparsi di invitarlo. 

«Possibile che nessuno si sia accorto che mancava il Pd?», ha invece chiesto Felice Calabrò. «Credo che questo fosse uno di quei casi in cui il consiglio doveva ragionare in modo unitario trovando regole che fossero il più condivise possibile – spiega oggi Gennaro -. La scelta di escludere il Pd è un errore di impostazione che il consiglio non doveva permettersi. Potevamo fare uno sforzo in più, invece di lavorare di fretta sotto la spada di Damocle delle dimissioni del sindaco, è stato approvato per dimostrare probabilmente più al sindaco che alla città che il consiglio è dalla sua parte».

Alle accuse mosse in modo non troppo velato di essersi calate le braghe, risponde Alessandro Russo, uno dei proponenti insieme ai colleghi di LiberaMe della proposta di modifica che ha fatto ritirare quella inizialmente proposta da De Luca. «Sfido chiunque a dire che questa proposta è uguale a quella dell’amministrazione De Luca – sgombera il campo da dubbi – Abbiamo inserito modifiche che tutelano i diritti di consiglio e amministrazione. Abbiamo voluto lanciare un messaggio alla città: dimostrare di essere all’altezza del compito e del mandato che i cittadini ci hanno dato. Il regolamento andava cambiato e adeguato a questa nuova legge elettorale che prevede la possibilità di avere un sindaco che non ha alcun rappresentante in consiglio. Non è vero che il Pd non è stato invitato. Se non si regolamentavano i tempi dell’amministrazione, questa sarebbe stata paralizzata. Lo dimostrano le delibere che la precedente amministrazione ha presentato in aula e non sono mai state votate». I riferimenti sono a discussioni come il piano regolatore generale o l’isola pedonale, impantanate in sedute fiume con la presentazione fino a trecento emendamenti.


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