San Berillo: muri spaccati, droga e integrazione «Il blitz? Crea nascondigli per mettere le dosi»

«Quelli, adesso, sono altri posti dove nascondere la droga». Il blitz della polizia nel quartiere di San Berillo ha lasciato segni profondi. Che non hanno a che vedere con le sostanze stupefacenti sequestrate, ma con quello che è rimasto nel rione nel cuore di Catania e in perenne attesa di riqualificazione. In via Carro, dove le porte murate erano diventate la tela su cui street artist da tutta Italia avevano deciso di investire il proprio tempo, le forze dell’ordine hanno spaccato le chiusure imposte dall’amministrazione comunale ai proprietari degli immobili perché, nel corso dell’intervento, un cane dell’unità cinofila ha annusato gli stupefacenti. Nascosti, come spiegano alcuni residenti, in piccoli buchi che erano stati recentemente scavati dai pusher proprio sulla base del muro, a pochi centimetri dalla pavimentazione stradale. «Erano buchi grandi più o meno come un pugno – racconta chi vive a San Berillo: probabilmente il cane ha sentito quell’odore e la polizia ha pensato che potesse esserci qualcosa nelle case abbandonate. In realtà, la droga era dentro a quelle cavità».

Così, adesso, al posto dei buchi grandi quanto un pugno ci sono dei grossi spazi nei mattoni grigi. «Che è ancora peggio, perché così c’è molto più spazio, oltre che un nuovo ingresso per le case che prima erano chiuse». Quando gli operai della Multiservizi sono arrivati, l’unica cosa che hanno potuto fare è stata mettere delle transenne. Che in pochi minuti sono state spostate. «Noi facciamo attività qui, a pochi metri – spiega Roberto Ferlito dell’associazione Trame di quartiere, che ha sede a Palazzo de’ Gaetani, in fondo a via Pistone – L’intervento della polizia non è un male: lo spaccio non piace a nessuno che abbia voglia di rilanciare davvero la zona. Negli ultimi due anni, la piazza della droga si è allargata moltissimo, c’è stata una vera e propria moltiplicazione dell’offerta. Ma, come in tutte le cose, va indagata l’origine oltre che la fine del percorso». 

L’arrivo della polizia, però, soprattutto ultimamente è «sovradimensionato rispetto a qualunque aspettativa: assieme all’antidroga è arrivata la squadra mobile, di mattina, in un momento in cui nel quartiere non c’è quasi nessuno. Il dispiegamento di divise era incredibile. Per cosa poi? Alcuni militari della guardia di finanza hanno controllato le persone che abitano al pianterreno e che hanno aperto la porta: donne che lavorano a San Berillo, proprietarie delle case in cui vivono». Oltre ai pezzi di mattone e ai buchi, sono rimasti anche i resti delle operazioni di polizia: «Una panchina lasciata in verticale perché è stata usata dagli agenti per arrampicarsi su un balcone e una transenna, che avevamo fatto insieme a un artigiano del quartiere, con pezzi di legno e di lamiera, è stata completamente distrutta». Ma a che serviva una transenna? «A impedire l’accesso a un vicolo cieco che era diventato una latrina a cielo aperto oltre che un posto pericoloso perché completamente buio. La transenna l’abbiamo creata affinché nessuno andasse lì a fare i suoi porci comodi». 

Nella nota con la quale la questura dava notizia del blitz, poi, si parlava anche di alcune barriere per impedire l’accesso di agenti e militari. «Le operazioni di polizia sono state complesse a causa degli ostacoli stradali (fioriere, mobili, spazzatura etc.), verosimilmente creati per evitare il controllo da parte delle forze dell’ordine», si leggeva nel comunicato diffuso alla stampa. «Le fioriere sono frutto di un laboratorio di quartiere che abbiamo realizzato con i migranti che vivono a San Berillo», precisano dall’associazione Officina rebelde, che ha sede nella vicina via Coppola. Per rimettere in sesto quello che è stato distrutto, per domani pomeriggio è fissato un appuntamento di lavoro collettivo, per costruire e dipingere nuovi arredi urbani. Il timore generalizzato è quello di un’ondata di retate e sgomberi indiscriminati, anche alla luce della rinnovata attenzione sul quartiere da parte di chi invoca il rigore. Come l’assessore alla Sicurezza Fabio Cantarella e il sottosegretario leghista Stefano Candiani, che da San Berillo hanno girato una diretta Facebook notturna che è costata loro una denuncia per istigazione all’odio razziale formulata dall’associazione antimafia Rita Atria. «Non ce l’avevo con gli immigrati, ce l’avevo con l’illegalità», si era giustificato Cantarella con MeridioNews a luglio 2018. Promettendo di fare un blitz social con Candiani anche dalle vie dello spaccio di San Giovanni Galermo o di San Cristoforo, dove a comandare è Cosa nostra. Ma questa promessa non è ancora stata mantenuta.


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