Rifiuti e disservizi, la lettera del consorzio uscente «Personale rimasto fedele ha continuato a lavorare»

L’uscita di scena dall’appalto dei rifiuti nella città di Catania decretato da una lettera piena di precisazioni. È quella scritta da Rodolfo Briganti nella qualità di presidente del consorzio Seneco. Al quale da ieri notte si è sostituita l’azienda Dusty, vincitrice dell’appalto ponte da 18 milioni di euro. Un passaggio del testimone al veleno a causa di nuovi disservizi nella raccolta dell’immondizia durante la notte tra sabato e domenica. Ovvero quella che coincideva con l’ultimo turno di Seneco tra le strade della città. Domenica il risveglio per gli abitanti del capoluogo etneo è stato caratterizzato da cassonetti stracolmi, microdiscariche e odori nauseabondi. Da qui l’annuncio dell’assessore all’Ecologia Fabio Cantarella di nuove sanzioni.

«Abbiamo assicurato il massimo impegno per garantire lo svolgimento del servizio – sostiene Briganti nella missiva -. Eventuali disservizi sono attribuibili a iniziative individuali, anche se plurime, ma non concordate con i vertici aziendali e organizzazioni sindacali». Stando alle parole dell’imprenditore un nutrito gruppo di operatori infedeli avrebbe boicottato l’ultimo turno di servizio prima del passaggio a Dusty grazie alla clausola sociale inserita nel contratto d’appalto. «Seneco precisa che negli ultimi giorni, con il proprio personale fedele, ha continuato a lavorare con impegno e assiduità». 

Arrestato a novembre dello scorso anno durante il blitz Gorgoni, Briganti è stato scarcerato dal tribunale del Riesame un mese dopo. L’imprenditore, secondo i magistrati della procura di Catania, sarebbe stato uno dei protagonisti nella gestione irregolare della raccolta dei rifiuti ad Aci Catena. Un affare milionario che avrebbe attirato gli appetiti dei clan mafiosi Laudani e Cappello, motivo per il quale si celebrerà presto un processo dopo i rinvii a giudizio dello scorso luglio. A giocare il ruolo di collettore tra boss e aziende sarebbe stato l’ex sindaco Ascenzio Maesano. Quest’ultimo già condannato per corruzione in appello a due anni e undici mesi.


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