Oggi la prima udienza del procedimento a carico del presidente della Regione e del fratello, deputato nazionale Mpa. Accusati di aver violato la legge elettorale tramite presunti accordi con Cosa Nostra relativi alle elezioni del 2008. La discussione riprenderà il 6 febbraio. L'accusa: «La prescrizione non è troppo lontana nel tempo»
Raffaele e Angelo Lombardo alla sbarra A processo per voto di scambio
Presunti favori che avrebbero condizionato la libertà di voto dei cittadini e del mercato del lavoro, privilegiando le imprese legate ai sodalizi criminali in cambio di pacchetti di voti. «Il maggior danno collettivo dell’intrinseca presenza del fenomeno mafioso è per l’appunto costituito da tale illecita incidenza». E’ questa la tesi esposta di Emanuela Fragalà, legale dell’associazione Primoconsumo, che oggi ha chiesto di essere ammessa come parte civile nel procedimento a carico del presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo e del fratello Angelo, deputato nazionale Mpa. Entrambi accusati di voto di scambio in riferimento alle elezioni nazionali del 2008 e oggi assenti in aula. L’unica novità in un’udienza – la prima – che doveva durare pochi minuti e si è invece protratta per valutare la richiesta dell’associazione a tutela dei consumatori. «Se anche verrà rigettata – aggiunge Fragalà – la nostra presenza è comunque un segnale positivo. Non c’è il Comune, non c’è nemmeno la Provincia, c’era invece l’esigenza di far sentire la voce dei cittadini».
Una richiesta, quella di Primoconsumo, a cui però si sono opposte le parti. I pubblici ministeri Michelangelo Patanè e Carmelo Zuccaro. E le difese: Guido Ziccone per Raffaele Lombardo – con l’assenza dell’altro legale Grazia Volo – e Pietro Nicola Granata e Calogero Licata per Angelo Lombardo. Chi per motivi di forma e chi di sostanza, entrambe le parti hanno ritenuto non ammissibile la richiesta dell’associazione. «Il reato qui contestato è di violazione della legge elettorale – spiega Ziccone – Solo un’associazione che abbia come finalità specifica la tutela del diritto di voto potrebbe essere ammessa». Un diritto politico che non avrebbe nulla a che vedere con i consumatori e un’associazione che li tutela, secondo i magistrati dell’accusa. Sulla questione si attende comunque il parere del giudice Michele Fichera.
Rimandata la questione, l’udienza è durata pochi minuti. Dopo più di un’ora e mezza d’attesa. Breve discussione anche sulla data del rinvio alla nuova udienza. «La prescrizione è non troppo lontana nel tempo – fa notare il pm Zuccaro – Anche per gli eventuali gradi successivi ci auguriamo che non ci sia altro esito che non sia di merito». Un invito a far presto, anche sulla base dell’apparente disponibilità delle difese, sottolineano i magistrati. «Anche noi abbiamo sempre pensato a un processo celere», risponde conciliante Ziccone. Che subito dopo aggiunge: «Ma abbiamo bisogno di almeno un mese». Due le possibilità offerte dal giudice: 30 gennaio o 6 febbraio. «Il 30 avrei un impegno…» si sente mormorare dal banco degli avvocati. Udienza fissata per il 6 febbraio. «Raffaele Lombardo si è sempre considerato innocente – ci tiene a sottolineare il suo legale – Riteniamo di poterlo dimostrare, perché una prescrizione dovrebbe soddisfarci?».
Sempre il 6 febbraio, secondo richiesta dell’accusa, dovrebbe anche essere stilato un calendario delle prossime sedute per permettere ai pm di richiedere per tempo un’aula attrezzata per la videoconferenza. Diversi infatti saranno i testimoni e i collaboranti ascoltati e attualmente detenuti anche in regime di 41 bis. Tredici invece il numero delle intercettazioni – ambientali e telefoniche – in possesso della Procura. «La difesa si riserva però delle eccezioni nella loro usabilità», spiega Ziccone.
Il processo andrà avanti parallelamente a quello da cui ha preso origine: l’indagine Iblis su presunti accordi tra mafia, politica e imprenditoria. Inizialmente indagati per concorso esterno in associazione mafiosa, la posizione dei fratelli Lombardo è stata in seguito stralciata per decisione dell’allora procuratore capo facente funzioni Michelangelo Patanè che – insieme all’aggiunto Zuccaro – ha avocato a sé le indagini. L’accusa è stata poi derubricata a reato elettorale. Una scelta che ha provocato tensioni anche all’interno della stessa procura. Ma il Csm – chiamato a pronunciarsi sul caso dai quattro magistrati titolari delle indagini – ha dichiarato di non riscontrare nessuna violazione.