Call center della droga, da mezza birra alle sigarette «Digli a papà come quella di ieri che era bella bella»

«Hei, un pacco da dieci si può avere? Digli a papà come quelli di ieri che era bella bella. Sono alla fermata, portami dieci di resto che ho quaranta». Il tenore delle conversazioni è sempre lo stesso, segno di una grande complicità tra la clientela, quella affezionata, e la gang di spacciatori. Un gruppo rodato, due nuclei familiari palermitani, che, nel giro di tre anni, avrebbe messo in piedi una sorta di call center della droga sgominato ieri dalla polizia nel corso dell’operazione Drug AwayUn servizio a domicilio, in funzione a tutte le ore, e centinaia di utenze telefoniche che ricevono, mediamente, 600 contatti al mese. Con una clientela variegata che comprende professionisti (tra loro anche un’avvocatessa), studenti universitari e commercianti che chiamano anche tre-quattro volte al giorno, ancora meglio, affidano a messaggini, con un linguaggio conciso e criptico che ricorda quello di un bar, gli ordini. Ma per i clienti più affezionati non è necessario specificare il tipo di sostanza e, a volte, neanche la quantità.

«Mi porti il solito?», «Puoi avvicinare con un pacchetto di sigarette?», «Mezza birra», «10 di ricarica», «Volevo chiedere come l’altra volta… cinque»: sono gli ordini inviati con sms e, nel giro di dieci o venti minuti al massimo, la consegna viene portata a termine. Il più delle volte il cliente viene indicato per nome, a tal punto è familiare agli spacciatori, ma non sono rari i casi in cui viene identificato dalle ultime cifre del numero di telefono. In altri si usano parole chiave per la sostanza stupefacente («solo») e l’arco temporale, «ci vediamo tra venti minuti», per indicare l’esatta quantità in grammi. Rapporti che vanno avanti da mesi, persino da anni, come hanno messo in luce gli inquirenti: un cliente si riforniva di cocaina da due anni con una spesa mensile di circa 300 euro. Dalle indagini emerge anche il tariffario medio della banda: i prezzi oscillano dai 10 euro per una dose di hashish a 50 euro necessari per mezzo grammo di cocaina. In alcuni casi si concedono anche dei crediti ai clienti fidelizzati.

Le consegne non a domicilio avvengono quasi sempre nel quartiere di Ballarò oppure nei pressi della zona universitaria – tra i clienti ci sono alcuni studenti, anche uno di medicina – mentre per spostarsi i componenti utilizzano auto, scooter e persino una bici elettrica, mezzi a disposizione di tutta l’associazione. Un gruppo criminale dedito allo spaccio che deve la sua forza alla conduzione praticamente familiare, dove ogni componente dell’associazione è in grado di occuparsi di ogni dettaglio: dai contatti con i clienti alla vendita, dall’occultamento al trasporto della droga. L’organizzazione di spaccio è familistica, con a capo Giuseppa La Cara, madre di Vito, Vincenzo e Natalina Valenti, sposata con un altro componente della banda, Eduardo Premuda. Natalina ed Eduardo inseriscono nel giro anche i figli Jessica e Stefano. Tutti pronti a garantire un servizio efficiente. 

Nell’organizzazione erano coinvolti anche Cristian Valenti, figlio di Vito e Ornella Leto, moglie di Vincenzo Valenti. Completavano la rete Alessandro Filippone, marito di Jessica Premuda, e Assunta Maria Pericone la madre di Filippone. Un elemento messo in luce dal gip è il ruolo paritario che avrebbero assunto dalle donne dell’organizzazione. In molti casi, quando gli uomini finivano ai domiciliari perché pizzicati a spacciare, erano loro a occuparsi di ogni dettaglio. Un elemento che emerge più volte dalle indagini, come quando Ornella Leto, parlando con la suocera di un debito che il marito (all’epoca in prigione), aveva col fratello di lui Vito, le diceva che poteva parlarne con lei perché «è la stessa cosa». E Ornella rivestirebbe anche un ruolo chiave perché nel negozio di detersivi di sua proprietà sono state ritrovate e sequestrate dalla polizia alcune dosi di cocaina nascoste nel registratore di cassa assieme a un bilancino di precisione.

Dalle indagini è emerso come il gruppo si sarebbe dato da fare per l’approvvigionamento della sostanza stupefacente e, anche stavolta, il linguaggio usato per comunicare è lo stesso: «Vedi che qua mio cugino mi ha portato dei pesci belli belli» dice a uno dei fratelli Valenti un contatto di Sciacca  per una consegna di panetti di hashish. «Te li metto da parte allora? A te aspetto Vito che tutte queste cose pronte le ho»…


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