«L’arroganza del potere» entra nel processo Li Destri L’appalto sui mezzi dei rifiuti e la difesa dell’architetta

Il 20 settembre 2018. La sentenza di primo grado sul processo a carico dell’architetta Anna Maria Li Destri è posticipata a dopo l’estate. A quando, cioè, quel «potere tracotante» citato nell’udienza di oggi sarà passato di nuovo dal vaglio delle urne nel corso delle prossime elezioni amministrative 2018. In una silenziosa aula del tribunale di piazza Verga oggi l’avvocato del Comune di Catania (parte civile), il professore Giovanni Grasso, e Dario Riccioli, legale di Li Destri, passano ore a ripercorrere la storia dell’appalto per la manutenzione dei mezzi della Nettezza urbana di Palazzo degli elefanti. Sotto accusa due bandi – quello del 2009 e quello del 2013 – che secondo la procura sarebbero stati cuciti addosso alla ditta che ha vinto il primo e ceduto un ramo della sua azienda all’impresa vincitrice del secondo: la Puntese diesel di Nino Amore.

Attorno al rapporto tra Nino Amore e Anna Maria Li Destri ruota l’intervento di Grasso, a tutela del municipio. La «estrema cordialità» che legava i due sarebbe servita a Li Destri per discutere con l’imprenditore della gara in fase di predisposizione. Negli anni in cui lei, dirigente, era direttrice del servizio Ecologia del Comune. E in cui lui, titolare dell’azienda, avrebbe avuto interesse ad aggiudicarsi il primo appalto e a mantenerlo col secondo bando. Li Destri, per Grasso – che sposa in pieno la posizione della procura di Catania -, avrebbe previsto nel bando requisiti che solo la Puntese diesel sarebbe stata in grado di soddisfare. «Nel corso delle sue visite alla Puntese diesel – arringa Grasso – Li Destri parlava anche di questioni legate alla vita dell’azienda. Colei che avrebbe dovuto controllare la regolare esecuzione dell’appalto, frequentava l’ufficio di Amore generalmente dalle 16 e fino a dopo alle 19».

E poi c’era quella riparazione di una macchina di Li Destri, che sarebbe stata fatturata a Puntese diesel. Proprio in virtù di quel legame di amicizia tra l’imprenditore e la dirigente comunale. Nell’arringa di Grasso torna spesso anche il nome di Pietro Garozzocoinvolto nell’inchiesta Gorgoni su un presunto intreccio tra mafia, imprenditoria e politica nel settore dei rifiuti, e tra i grandi accusatori dell’architetta. Del resto, è proprio dalle denunce di Garozzo in qualità di rappresentante sindacale della sigla Fiadel a prendere le mosse il provvedimento disciplinare che ha poi portato al licenziamento per giusta causa della ex direttrice dell’Ecologia.

Ma nelle ore e ore di discussione in aula entrano anche un viaggio in Argentina, pranzi e cene, e perfino il diario personale di Nino Amore (morto a gennaio 2014). A usarlo, però, è stavolta la difesa di Li Destri. Per dimostrare come quell’amicizia così stretta non esistesse ancora nel 2009, quando la Puntese diesel si aggiudica la gara. «Alla data dell’11 dicembre 2009, quando la ditta si aggiudica la gara, il nome di Li Destri viene citato in tre distinte occasioni – riporta Riccioli – In tutt’e tre le circostanze, la conosce talmente bene che ne sbaglia il nome. Continua a chiamarla Ligresti». Sulla gara del 2013, invece, la difesa ricorda le ombre dell’inchiesta – aperta e poi archiviata – a carico di Garozzo e di un’altra dipendente di Puntese diesel, all’epoca sospettati di avere taroccato diverse fatture e di avere truffato il Comune sulle effettive presenze dei lavoratori nell’autoparco di Pantano d’Arci.

«Hanno spudoratamente mentito in quest’aula – attacca il difensore di Li Destri -. E le loro menzogne sono state più volte sbugiardate. Ecco chi sono i primi grandi accusatori di Li Destri, due persone che avevano interesse personale a farla fuori». Ma c’era poi l’interesse politico. Quello che, secondo Riccioli, è arrivato direttamente dai piani alti di Palazzo degli elefanti. Il sindaco Enzo Bianco non viene citato mai, ma i riferimenti non potrebbero essere più chiari: «Il secondo grande accusatore dell’architetta Li Destri è il potere politico. Che manifesta qui tutta la sua arroganza. Li Destri andava eliminata perché, invece di arrivare davanti alla politica con il cappello in mano, ci è andata con la schiena dritta. Così come andavano eliminati l’ingegnere Carlo Cocina, la dottoressa Luisa Balsamo, il giornalista Nuccio Molino». Tutti protagonisti di casi prima mediatici e poi giudiziari. «Di questo, di non essersi piegata a chi le chiedeva di lasciare il servizio Ecologia com’era, Li Destri è certamente colpevole», conclude Riccioli.


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