I politici italiani cominciano a capirlo: blog e social network sono strumenti efficaci (se ben utilizzati) per creare consenso e dialogare con lelettorato soprattutto a livello territoriale. In Sicilia però, con qualche recente eccezione, siamo ancora alletà della pietra, tra profili Facebook aperti e abbandonati, siti non aggiornati e domini non rinnovati
Sindaci siciliani: web 0.0
Questa cosa che internet sta cambiando il rapporto dei cittadini coi politici pare quasi una rivoluzione: uno si mette là, su Facebook, e scrive al sindaco se intende oppure no dare una sistemata al manto stradale che ormai è fatto a buchi come l’Emmenthal. L’evento da segnare nei libri di storia non è la possibilità di formulare una richiesta diretta, bensì la risposta immediata, o quasi, del politico di turno.
L’hanno insegnato Moratti e Pisapia, che hanno spostato parte della battaglia del ballottaggio sui social network, e prima di loro l’ha fatto Barack Obama, che su Twitter conta più di ottomilioni e mezzo di follower.
In Sicilia, si sa, a imparare ci mettiamo un po’ di più. Così, all’utente che il 6 ottobre 2010 ha domandato al sindaco di Siracusa Roberto Visentin, tramite la sua pagina su Facebook, se avesse intenzione di mettere a posto alcune strade cittadine non ha risposto nessuno, fino al 15 novembre dello stesso anno, quando una donna, magnanima, l’ha invitato a desistere: una replica del sindaco? «Campa cavallo».
«Signor sindaco, una risposta non costa nulla, sa?», continuano sempre sulla bacheca pubblica di Visentin: «Quando qualcuno è in difficoltà, a chi deve rivolgersi? Alle istituzioni, forse?». Sì, le istituzioni dovrebbero essere l’interlocutore di riferimento, ma meglio evitare internet: la pagina di Visentin è abbandonata dall’aprile 2010, così come il suo sito personale, con un blog in aggiornamento perenne.
Irraggiungibile anche il sito web del sindaco palermitano, Diego Cammarata, di cui non c’è traccia ufficiale nemmeno su Facebook. Delle pagine che parlano di lui, però, si perde il conto: da «Adotta un sacchetto della spazzatura e regalalo al sindaco Diego Cammarata», con quasi tremilacinquecento fan, a «Vogliamo le dimissioni del sindaco Diego Cammarata», che di fan ne conta oltre millesettecento.
Raffaele Stancanelli, sindaco di Catania, vuol dare il buon esempio: «Credo che sottrarsi al mondo del web vuol dire perdere un’occasione per parlare a cuore aperto», scrive, presentando il suo blog e la sua attività sui social network. Ma che rumore fa un albero che cade in una foresta deserta? Stancanelli ha ventidue fan su Facebook (33 sulla neonata pagina personale), sei followers su Twitter, nessun iscritto su YouTube.
Il sindaco di Gela, Angelo Fasulo, ha invece deciso che dopo il ballottaggio di giugno 2010 non valeva neanche la pena rinnovare il dominio del suo sito, che adesso risulta inestistente. Pure il suo canale Youtube, inaugurato e abbandonato due giorni prima delle elezioni, è come se non ci fosse: tre video caricati, per un totale di trecentocinquanta visualizzazioni totali, meno di una al giorno dalla creazione dell’account. Il nisseno Michele Campisi ha seguito l’esempio del collega gelese: michelecampisi.it non esiste più, così come la fanpage su Facebook. Entrambe le pagine, però, sono ancora segnalate sul gruppo FB “Michele Campisi Sindaco di Caltanissetta”, all’interno del quale Campisi non dà segni di vita dal 7 giugno 2009.
Il sito di Paolo Garofalo, invece, c’è ancora, ma è fermo al ballottaggio di 13 e 14 giugno 2010, quand’è stato eletto dai cittadini di Enna. Sul gruppo su Facebook che amministra, e in cui non interviene dal 15 giugno 2010, l’ultimo messaggio degli utenti così recita: «Da tanto tempo non ti vedo in giro». Almeno sul web, dalla data della nomina.