Oltre al dirigente catanese Massimo Buccheri, c'è un altro collegamento che dalla Liguria porta ai piedi dell'Etna. È il coinvolgimento di Antonino Salvatore D'Arrigo, 39 anni, che avrebbe beneficiato dei favori del vertice dell'Asl 5 della città ligure. L'uomo era già stato coinvolto in un'indagine per bancarotta fraudolenta
Corruzione La Spezia, amici del manager etneo L’imprenditore che pagava la settimana bianca
Per garantirsi alcune forniture di serramenti dagli appaltatori dell’Asl 5 di La Spezia sarebbero bastati alcuni favori. Per esempio, il saldo in agenzia di viaggi di una settimana di vacanza in montagna. Sarebbe questo uno dei rapporti corruttivi documentati dalla guardia di finanza ligure nell’ambito dell’inchiesta che ha coinvolto il manager catanese Massimo Buccheri, 49 anni, ingegnere civile prestato alla sanità pubblica e dal 2011 in servizio da dirigente proprio a La Spezia. Dopo anni passati all’ospedale Garibaldi e, agli inizi della carriera, al Comune di Bronte. Buccheri, già dirigente tecnico dell’Asp di Catania, è finito in carcere con le accuse di concussione, turbativa d’asta, corruzione, rivelazione del segreto d’ufficio e falso in atto pubblico, in un’inchiesta che ha coinvolto anche altre dieci persone.
Secondo l’accusa, l’ingegnere 49enne avrebbe pilotato un appalto per forniture sanitarie milionarie, in favore dell’azienda cinese Mindray, con una filiale anche a Milano. Approfittando del suo potere, inoltre, Buccheri avrebbe costretto alcune imprese appaltatrici per l’Asl 5 a rifornirsi da alcuni imprenditori amici. Ed è qui che torna il collegamento con il capoluogo etneo: un legame che non si esaurisce nelle origini di Buccheri, né nel fatto che la sua residenza fosse rimasta a Catania nonostante da anni ormai vivesse in Liguria. Tra le imprese che avrebbero beneficiato delle sue cortesie dirigenziali c’è anche quella di Antonino Salvatore D’Arrigo, 39enne di Mascalucia, che sarebbe stato il reale titolare – sebbene la ditta fosse intestata ad altri – di un’azienda che si occupa, tra le altre cose, di infissi.
Tra Buccheri e D’Arrigo (ai domiciliari), i rapporti sarebbero stati, secondo gli investigatori spezzini, «molto stretti». Tanto che D’Arrigo avrebbe pagato per lui perfino parte delle vacanze. Un legame che si sarebbe sostanziato nell’affidamento di alcune sub-forniture. Per i finanzieri Buccheri avrebbe imposto ad alcune ditte di acquistare servizi da D’Arrigo in occasione di ristrutturazioni di ospedali e case di cura. Uno scambio di favori continuo, almeno negli undici mesi di durata dell’inchiesta della guardia di finanza di La Spezia. A stranire gli inquirenti, l’avvento ligure dell’azienda mascaluciota, per un genere di professionalità che sarebbe stato semplice trovare sul territorio, senza guardare fino in Sicilia.
Il nome di D’Arrigo era finito già una volta sotto la lente d’ingrandimento della guardia di finanza, anche se si era trattato di quella di Catania. A luglio 2015 era stato accusato di bancarotta fraudolenta assieme ad altri componenti della sua famiglia. In quella circostanza era stato emesso un decreto di sequestro del valore di oltre tre milioni di euro, riferibili a tre diverse società: la D’Arrigo, la 4D costruzioni e la Oxidal, tutte fallite tra il 2013 e il 2014. Con debiti per 6,5 milioni di euro, dei quali sei nei confronti dello Stato. Adesso, Antonino D’Arrigo risulta invece coinvolto nella gestione di un’altra impresa (che si occupa proprio di infissi e serramenti), con sede a Piano Tavola, nel cui portfolio si trovano anche lavori – apparentemente per privati – a La Spezia.