L'ex sindaco di Aci Catena e l'ex funzionario del Comune torneranno in tribunale per il secondo capitolo della storia giudiziaria nata in seguito all'arresto del 10 ottobre 2016. Il personale della Dia li bloccò accusandoli di avere preso mazzette dall'imprenditore Giovanni Cerami, il cui procedimento dovrebbe invece iniziare il prossimo mese
Tangenti Aci Catena, domani inizia processo d’Appello In primo grado quattro anni per Maesano e Barbagallo
Inizia domani, davanti alla seconda sezione della Corte d’Appello, presieduta dalla giudice Dorotea Quartararo, il secondo capitolo della storia processuale sul presunto giro di tangenti al Comune di Aci Catena. Imputati l’ex sindaco di Aci Catena Ascenzio Maesano, e il responsabile dell’ufficio Finanze Orazio Barbagallo. I due, che in primo grado sono stati condannati a quattro anni in abbreviato, rito che concede uno sconto di un terzo della pena, sono accusati di corruzione per avere preso almeno due mazzette del valore complessivo di circa 20mila euro dall’imprenditore dell’Halley consulting Giovanni Cerami per il rinnovo del contratto di gestione dei software usati dall’ente locale, e l’aggiudicazione del progetto di tele-assistenza Home care. Cerami quest’ultimo, avendo scelto il rito ordinario, dovrà affrontare il processo di primo grado a partire dal prossimo mese.
La cessione del denaro sarebbe avvenuta a giugno 2016: il personale della Direzione investigativa antimafia, mentre indagava sulla gestione dei rifiuti ad Aci Catena e le presunte pressioni dei clan Cappello e Laudani sull’amministrazione comunale per affidare il servizio alla Ef servizi ecologici, ha intercettato una conversazione tra Barbagallo e Maesano, nel corso della quale il primo chiedeva un appuntamento perché aveva da dare «una bella notizia». Quest’ultima, secondo la ricostruzione degli investigatori, sarebbe stata proprio l’avvenuta consegna del denaro da parte di Cerami, al quale precedentemente Barbagallo aveva chiesto di incontrarsi con l’accortezza di «venire vestito leggero». Ovvero, ritengono i magistrati, senza portare con sé il cellulare per timore di essere intercettato.
L’inchiesta, che avrebbe portato alla scoperta di un rapporto corruttivo lungo oltre dieci anni, portò all’arresto dei tre il 10 ottobre di due anni fa. Per circa venti giorni Maesano, Barbagallo e Cerami sono rimasti in carcere, per poi ottenere gli arresti domiciliari. Ai primi due la misura restrittiva è stata revocata a metà novembre, quasi quattro mesi dopo il pronunciamento della gup Giuliana Sammartino. Sentenza a cui Maesano e Barbagallo reagirono con un abbraccio all’uscita dall’aula.