La mafia ragusana guadagna anche dal riciclo della plastica. Al punto da intavolare una trattativa per esportare il granulo derivato dalla lavorazione dei rifiuti, attraverso un imprenditore calabrese trapiantato a Milano. Destinazione finale sarebbe stata la Slovenia. Ma qualcosa va storto
Progetto della Stidda di vendere i rifiuti all’estero «Fatti il conto che un carico sono ventimila euro»
Esportare i rifiuti fuori dalla Sicilia, anche all’estero. Da oltre un anno ne se parla, il ministero dell’Ambiente sollecita questa soluzione, la Regione annuncia di sondare il mercato. E intanto la mafia di Vittoria si è già portata avanti. Nell’inchiesta della Guardia di finanza che ieri ha portato all’arresto di otto persone accusate di far parte della Stidda e di aver monopolizzato il settore dei prodotti in plastica usati nell’agroalimentare, a cominciare dalle centinaia di migliaia di imballaggi venduti al mercato di Vittoria. Ma l’associazione guidata da Titta Puccio, considerato il reggente del clan Dominante-Carbonaro, avrebbe fatto di più: impadronendosi anche dello smaltimento dei rifiuti plastici. E tra i canali illeciti che avrebbero dovuto chiudere questo ciclo, ci sarebbe anche l’esportazione all’estero, precisamente in Slovenia, attraverso un imprenditore calabrese trapiantato a Milano, non indagato in questa inchiesta, inserito nel commercio di rifiuti da oltre un ventennio e che, oltre alla raccolta dei paraurti nel capoluogo lombardo, gestisce centri di stoccaggio della plastica in Romania e in Bulgaria. L’accordo è praticamente chiuso, dopo numerosi incontri e telefonate, ma che alla fine salta per volontà dei Puccio.
A tenere i contatti con Milano è Giovanni Puccio, uno dei due figli di Titta arrestati ieri. Il materiale che dovrebbe finire fuori Italia non è uno scarto da mandare in discarica, bensì il prodotto del riciclo della plastica, il granulo da ripasso, che si ottene tramite la filtrazione da scarti di lavorazione industriale in polietilene o polipropilene. Materiale che ha un certo valore e che può essere riusato come materia prima per realizzare nuovi oggetti in plastica. Giovanni Titta invia in un primo momento dei campioni, che vengono analizzati risultando convincenti. Inizia così la trattativa vera e propria. «Io sono uno breve e concreto nel lavoro – spiega l’imprenditore a Titta – può chiedere in Sicilia chi sono, mi conoscono, ma non voglio far sapere che lavoriamo… si può fidare, sono piccolo ma sono come la banca. Io – sentenzia – lavoro al sistema estero».
Quindi l’imprenditore di Milano procede nel descrivere le modalità di trasferimento del prodotto e del successivo pagamento: «Il camion arrivato qui da me, si pesa, si scarica, il giorno stesso io faccio la pre-fattura, la fattura pro forma, a questi signori e gliela mando. Il giorno dopo c’è il bonifico, lei fa la fattura e ci sono i soldi. Non è che dobbiamo andare a tre mesi, a un anno, trenta giorni, no!». Giovanni Titta tiene sempre aggiornato il padre della trattativa, mentre a entrare nei dettagli con l’imprenditore milanese è Salvatore Asta, detto Tonino, pure lui finito in carcere ieri, che cura la parte amministrativa delle aziende e che si vanta di un’esperienza di commercio con l’estero: «Io ho caricato container per la Cina».
Si passa quindi a parlare di prezzi: che vanno da 50 centesimi al chilo per il granulo nero, meno pregiato, a 75 centesimi per quello ambrato. Cioè fino a 750 euro a tonnellata. «Un carico – dice Asta al telefono con il suo interlocutore milanese – sono 270-280 quintali a 60 centesimi, fatti il conto che sono 18mila euro, 20mila euro. Ti ho dato questa quotazione – continua – consideri 0,75 con 0,55, poi se dobbiamo rettificare il prezzo, qualche centesimo lo possiamo sistemare, vediamo… Ci mandiamo questo carico metà di bianco, metà di nero. Se ci va bene, poi possibilmente ci sediamo, ci si stipula un contratto, ci prendiamo degli impegni, cerchiamo di trovare un punto di incontro, ambo le parti».
La trattativa passa anche da un incontro di presenza, a Milano, nel maggio del 2015 a cui partecipano l’imprenditore calabrese, Asta e Giovanni Puccio. Ma l’accordo non si concretizza. Paradossalmente, a fronte della possibilità di importanti guadagni, i Puccio non sembrano avere abbastanza materiale da inviare. «Questa settimana non abbiamo potuto caricare perché praticamente qui ancora la campagna della plastica forte deve iniziare». Dall’altra parte si ribadiva di essere «pronti» e si raccomandava di usare nei primi due carichi di prova contenitori senza scritta, per impedire l’identificazione della provenienza e tipologia di prodotto.
Ma qualcosa va storto. I pubblici ministeri annotano che «nonostante stesse per essere attuato il progetto di inviare granulo da ripasso da destinare al mercato dell’Europa dell’Est, non veniva acquisito alcun ulteriore elemento che potesse far pensare ad una realizzazione di tale progetto». Secondo gli investigatori il motivo potrebbe essere ricercato nel richiamo a fermarsi arrivato a Giovanni Puccio, per non dare fastidio ad altri soggetti inseriti a pieno titolo nei perfetti equilibri illeciti creati nella gestione della plastica sul mercato di Vittoria.