Al ministro degli Interni, in visita questa mattina nel ragusano presso il centro di identificazione di Pozzallo, Medici per i diritti umani ha consegnato i dati raccolti. Chiedendo quali iniziative il governo italiano, l’Unione europea e la comunità internazionale intendano porre per fermare le gravissime violazioni
Libia, Minniti riceve dossier con 2600 testimonianze Ong: «L’85% parla di torture e trattamenti inumani»
In quattro anni hanno raccolto oltre 2600 testimonianze di migranti e hanno constatato che l’85 per cento di esse contenevano racconti di «torture e trattamenti crudeli, inumani e degradanti nei Paesi di origine e di transito, e in particolare in Libia». Un dossier drammatico, quello raccolto dal team di Medici per i diritti umani, che è stato consegnato nelle mani del ministro degli Interni Marco Minniti, giunto in visita all‘hotspot di Pozzallo. Con la richiesta di un incontro ad hoc per illustrare i dati reuperati dal team di medici, psicologi e mediatori che operano quotidianamente a Roma e in Sicilia.
L’organizzazione umanitaria, nata nel 2004, punta il dito soprattutto sulla situazione libica, specie dopo gli scontri a Sabartha, e all’impossibilità di lasciare il Paese, con un aumento delle persone detenute. A confermarlo sono «le testimonianze raccolte negli ultimi mesi dai team Medu presenti presso l’hotspot di Pozzallo, i cas della provincia di Ragusa e il Cara di Mineo». L’ultimo episodio in ordine di tempo è lo sbarco di 294 persone avvenuto il 23 novembre a Pozzallo, coi migranti in «profondo stato di astenia e denutrizione». Tra questi «oltre cento minori non accompagnati, di cui una bambina di nove mesi portata via in elisoccorso».
Le testimonianze – insieme a video, grafici, dati socio-anagrafici, schede informative sui Paesi di origine, di transito e sulle rotte migratorie – sono state raccolte in Esodi, una web mappa interattiva dove i racconti delle torture e delle violenze subite sono resi pubblici. «Sono stata in prigione per sette mesi», dice una donna somala, dopo lo sbarco del 23 novembre. «Gli uomini libici venivano e mi buttavano a terra. Poi mi picchiavano con dei tubi di ferro sulla schiena e sulla testa». Un 18enne nigeriano narra invece di essere entrato in Libia 15 mesi fa. «In questo tempo non ho mai avuto un giorno di libertà. Per tutta la mia permanenza – racconta – sono stato venduto e comprato e trasferito di prigione in prigione fino all’ultimo campo di raccolta prima della partenza per l’Italia». Sono insomma tante le testimonianze che accertano come i crimini contro l’umanità avvengano sistematicamente nel africano, nonostante il governo italiano dichiari – come è avvenuto lo scorso 13 novembre al Gruppo di contatto per la rotta migratoria del Mediterraneo centrale – di porre come obiettivo «il miglioramento in Libia delle condizioni di vita nei centri che accolgono rifugiati e migranti», nonché «la ricerca di alternative alla detenzione».
Per questi motivi il team di Medici per i diritti umani conclude, nella lettera consegnata a Minniti, chiedendo «quali iniziative il governo italiano, l’Unione europea e la comunità internazionale intendano porre in atto con urgenza per fermare le gravissime violazioni dei diritti umani descritte e – concludono – per mettere fine a uno dei capitoli più bui e atroci della storia recente».