Discarica Mazzarrà, ancora nulla di fatto per la bonifica Ministero scrive alla Regione: «La situazione è critica»

La fine della storia della discarica di Mazzarrà Sant’Andrea sembra ancora lontana. Mentre il percolato continua a essere rilasciato in maniera pressoché incontrollata in uno dei luoghi a più elevato rischio ambientale della Sicilia, all’interno delle istituzioni si cerca ancora di capire come fare per avviare il processo di chiusura e messa in sicurezza del sito in provincia di Messina.

Risale infatti a due settimane fa l’ultima richiesta di chiarimenti che il ministero dell’Ambiente ha inviato al dipartimento regionale Acque e Rifiuti in merito alle misure intraprese per fare in modo che Tirrenoambiente spa. La società è stata creata nel 2002 dal Comune mazzarese, altre amministrazioni locali e alcune ditte private e ha gestito l’area fino a ottobre 2014, quando è stata sequestrata dalla Procura di Barcellona. A essere in ballo sono anche i ritardi nel recupero dei crediti derivanti dal mancato versamento delle tariffe di conferimento da parte dei Comuni che hanno usufruito del sito di contrada Zuppà. La nota arriva dopo che, scrive il ministero, «la prefettura di Messina ha richiesto l’intervento statale rappresentando la minaccia imminente di danno ambientale generato dallo sversamento di percolato nel corpo idrico limitrofo».

Domande che però non avranno risposte risolutive. A confermarlo a MeridioNews è Gaetano Valastro, dirigente generale del dipartimento Rifiuti. «In relazione al progetto di chiusura presentato nel dicembre 2014 dalla ditta Tirreno Ambiente spa, oggi in liquidazione, si osserva – spiega Valastro – che tale progetto avente un costo di oltre 20 milioni di euro non fu approvato da questa amministrazione regionale in quanto la Tirrenoambiente non ha fornito tutti gli elementi richiesti per definire l’istruttoria e, pertanto, la ditta rimane inadempiente alle disposizioni di legge non consentendo la chiusura della discarica e il passaggio alla fase post operativa». Valastro sottolinea che il dipartimento «ha sollecitato più volte la Tirrenoambiente a fornire tutti i dati necessari alla quantificazione dei costi per gli interventi senza avere un compiuto riscontro alle suddette richieste». Dell’iter se n’è parlato anche in una riunione di metà settembre nel Comune di Mazzarrà alla presenza del commissario liquidatore della ditta che «ha chiesto di fare specifiche riunioni per definire ogni singola richiesta da parte del dipartimento» anche se, sottolinea Valastro, «allo stato attuale è stata trasmessa la sola documentazione tecnica e un progetto per mitigare la produzione di percolato».

Per quanto riguarda, invece, gli indennizzi che la società avrebbe dovuto riscuotere per il conferimento e che invece hanno causato ammanchi milionari. All’origine della perdita anche la decisione presa dalla giunta comunale nel 2013 con cui fu ridotto l’importo per tonnellata da 12,91 a 6,97 euro. «La ditta ha applicato delle tariffe che non sono mai state approvate dai competenti uffici – va avanti il dirigente generale -. Pertanto creano oggi drammatiche interferenze tra il diritto fallimentare e quello ambientale non consentendo un rapido recupero delle somme stesse per destinarle agli interventi necessari. Il dipartimento ha effettuato una ricognizione dei crediti certi, liquidi ed esigibili, e sta operando per recuperare almeno le quote per gestire la situazione contingente ed effettuare degli interventi volti a mitigare la produzione di percolato».

A occuparsi della discarica è stato in questi mesi il deputato del Movimento 5 stelle Alessio Villarosa, che ha sollecitato l’intervento del governo nazionale. «Sono del parere che, nel caso in cui la Regione non riesca a trovare soluzioni adatte per garantire l’incolumità dei cittadini, debba essere il ministero a sostituirsi a essa e intervenire immediatamente», dichiara. Il parlamentare nazionale spiega poi che tra le ipotesi messe in campo dal ministero dell’Ambiente «c’è anche la possibilità di inserire eventuali interventi necessari all’interno del Patto per il Sud».

La discarica di Mazzarrà è stata al centro di diverse inchieste giudiziarie. Tra cui quella denominata Riciclo che portò all’arresto a settembre 2015 del sindaco Salvatore Bucolo e gli ex amministratori della società. Al centro dell’attenzione dei magistrati le speculazioni economiche attorno al sito, che sarebbero state possibili omettendo le tutele ambientali. La discarica, d’altronde, è stata più volte tirata in ballo. Anche per quanto riguarda i processi che nel corso degli anni hanno portato al suo ampliamento. «Nel 2006 – ha dichiarato il sostituto procuratore Giorgio Nicola alla commissione parlamentare sui rifiuti – visto che era in scadenza il provvedimento prefettizio, la discarica di Mazzarrà chiede la proroga per pochi mesi, rappresentando che il volume era quasi completamente esaurito. Restavano 70-80 metri cubi, che potevano bastare per poche settimane. Poi accade il colpo di magia. Due funzionari della provincia di Messina vanno a fare un sopralluogo presso la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea e dicono – ha proseguito il magistrato – che non è vero e che hanno accertato visivamente che c’era ancora disponibilità di un milione di metri cubi». In seguito a quell’accertamento la capacità della discarica venne portata da 600mila a un milione e 600mila metri cubi.

Nel centro del Messinese, domenica prossima si tornerà al voto per eleggere il nuovo sindaco e i componenti del consiglio comunale. La consultazione arriva dopo il periodo di commissariamento del Comune per infiltrazioni mafiose.


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Al centro della comunicazione inviata da Roma ci sono le mancanze della Tirrenoambiente, la società che ha gestito il sito fino al 2014, prima del sequestro e già al centro di diverse inchieste. Il dirigente del dipartimento regionale Acque e rifiuti, Gaetano Valastro, conferma a MeridioNews che la situazione è ancora in alto mare

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