Alfredo Daidone, la minaccia per i brani antimafia «Non scrivere più canzoni su Falcone e Borsellino»

«Non scrivere più canzoni su Falcone e Borsellino, stai attento!». La scrittura è incerta e infantile, ma non lascia spazio ad equivoci. È una vera e propria minaccia quella che Alfredo Daidone, cantautore di Termini Imerese, una settimana fa trova scritta su un bigliettino sistemato sotto al tergicristalli della propria automobile. L’aveva lasciata posteggiata nei pressi della stazione centrale di Palermo per proseguire a piedi e fare delle compere, ma al suo ritorno ecco la macabra sorpresa, insieme a un’ammaccattura nel parafango sinistro. Un’intimidazione in piena regola, riconducibile a quello a cui si dedica da sempre: scrivere brani e comporre musica.

Le sue, però, non sono canzoni come tutte le altre, lo sa bene anche chi ha voluto lasciargli quel biglietto. «La musica è la mia passione da sempre, già a tredici anni scrivevo i primi testi e muovevo i primi passi strimpellando con la mia chitarra i brani di Guccini e De Gregori», racconta a MeridioNews. Ed è attraverso la musica, il linguaggio che predilige, che affronta temi spesso scottanti, esibendosi nelle piazze e nei teatri, cantando nelle trasmissioni radiofoniche e partecipando ai concorsi canori dell’isola. A ispirarlo è soprattutto il sociale: è attento a tematiche attuali e vicine ai giovani, come quello della guida responsabile, argomento al quale dedica una canzone che condanna fortemente l’abuso di alcool e droghe, ma anche l’utilizzo dei cellulari quando si è alla guida.

Ma a distinguere Alfredo Daidone dagli altri autori locali è anche il suo «amore per la giustizia», che lo porta presto a comporre anche dei brani ispirati alle storie di chi è morto nella lotta alla mafia. Un impegno, questo, che adesso lo vede minacciato proprio da chi, a suon di musica, ha sempre denigrato. «È la prima volta che mi minacciano così apertamente, un episodio simile non era mai successo prima d’ora – dice – Sono rimasto basito, mi sono allarmato e ho subito denunciato l’accaduto». Sono canzoni scomode, che danno fastidio. Come quella del 2014 intitolata Palermo non dimentica e dedicata ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che incide insieme al figlio Ubaldo, o Padre Puglisi, brano successivo che racconta la storia e l’attività del prete di Brancaccio ucciso dai killer di Cosa nostra. Nel 2015 porta le sue canzoni anche dentro al carcere Pagliarelli, nell’ambito di una manifestazione culturale e solidale dedicata al duo comico Franchi-Ingrassia.

Brani che, minacce a parte, gli valgono molti riconoscimenti e premi, come l’oscar del Mediterraneo che riceve a Terrasini nel 2012. L’ultimo, in ordine di tempo, è quello dedicato al giudice ragazzino Rosario Livatino, ucciso mentre si recava senza scorta in tribunale. Gli sarà consegnato il 21 settembre, giorno dell’omicidio del magistrato canicattinese, a Tremestieri etneo. «Ora punto a Mediaset», rivela infine Alfredo Daidone, che spera di lasciarsi presto alle spalle l’episodio intimidatorio e di raggiungere palcoscenici sempre più prestigiosi dai quali intonare i suoi brani di lotta e di speranza. 


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