Inchiesta Tax free, a processo Virlinzi e Impallomeni Accusa di corruzione per presunte sentenze sospette

La prima udienza è fissata per il prossimo 27 ottobre. Andranno così a processo per corruzione l’imprenditore Giuseppe Virlinzi (78 anni), il suo storico commercialista Giovanni La Rocca (77 anni), il giudice tributario Filippo Impallomeni (72 anni) e il direttore commerciale della Virauto Agostino Micalizio. Rinviato a giudizio per tentato favoreggiamento, invece, il cancelliere 63enne Antonino Toscano. È la decisione del giudice per l’udienza preliminare Santino Mirabella, a un anno e mezzo dall’inchiesta Tax free della procura di Catania che aveva fatto scattare le manette attorno ai polsi del fratello del Cavaliere del lavoro Ennio.

Impallomeni grazie al suo ruolo avrebbe stilato diverse sentenze favorevoli nei confronti delle società del gruppo Virlinzi e dell’imprenditore Giuseppe. Virlinzi per gli inquirenti era una sorta di «dominus», che si vedeva rispondere in tempi celeri e in maniera positiva ai suoi ricorsi. Un espediente pare consolidato nel tempo che avrebbe portato anche all’annullamento di accertamenti fiscali, per un vantaggio complessivo che, secondo la prima stima della procura diretta da Carmelo Zuccaro, ammonterebbe a 800mila euro. In cambio, il giudice Impallomeni avrebbe ricevuto l’utilizzo gratuito di alcune autovetture della concessionaria Virauto, almeno a partire dal 2010 e fino al 2015. Cinque anni in cui il l’indagato si sarebbe mosso per la città di Catania a costo zero, senza pagare revisioni, tagliandi e bolli che sarebbero stati tutti a carico della concessionaria. 

In particolare sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori è finita una sentenza emessa nel luglio 2015, che si baserebbe su presupposti falsi. Il dispositivo accoglieva un ricorso presentato dalla Golden Car, società in liquidazione di casa Virlinzi, riconoscendole un rimborso di 80mila euro. Una decisione sulla quale però si sarebbe successivamente consumato anche un tentativo di depistare le indagini. Il giudice dopo una richiesta di accesso agli atti delle fiamme gialle si sarebbe insospettito per una possibile indagine a suo carico, cercando di modificare l’esito della sentenza con la presunta complicità del cancelliere. Il piano tuttavia non si sarebbe concretizzato.


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