Il tempo? A volte lo puoi toccare

Lasciare la propria terra natia non è mai semplice, te ne porti sempre dietro un pezzo nel cuore e non solo. Anche Giorgio Vasta, palermitano di nascita emigrato a Torino, non ha mai dimenticato la città in cui è cresciuto. Nella sua Palermo ha ambientato ‘Il tempo materiale’, opera prima pubblicata da minimum fax, che sabato 10 aprile è stata presentata nella libreria Tertulia. Il porto della stessa città è il luogo simbolo del suo secondo lavoro, ‘Spaesamento’, che verrà pubblicato da Laterza nel maggio 2010. Gli abbiamo rivolto qualche domanda.
 
Il tuo lavoro ufficiale è quello di editor. Cosa ti ha spinto ad affiancargli quello di scrittore?
Il desiderio di scrivere è qualcosa che si è andato articolando nel corso degli anni. Innanzitutto, mi sono incuriosito ad alcune cose, senza pensare che sarebbero diventate materiali per un libro. Poi c’è stato un momento in cui mi sono accorto che questi momenti, che sembravano essere profondamente separati l’uno dall’altro, potevano trovare una relazione. Questa relazione poteva darla proprio la forma romanzo. Costruire una trama mi ha dato la possibilità di formulare questi oggetti, che in realtà sono delle ossessioni di vario genere: di genere storico, relativi alla descrizione del passaggio che L’Italia compie, dal 1978 in poi, da una tonalità ad un’altra. O di genere linguistico, come il desiderio di capire cosa con le parole si riesce a fare, fino a raggiungere quell’argine invalicabile oltre il quale le parole non bastano più. Con le parole puoi fare ‘quasi’ tutto. Il terzo elemento che caratterizza il mio lavoro è quello sentimentale: indagare sull’incapacità di descrivere con le parole giuste il proprio amore per una persona.
 
Il titolo del libro sembra considerare il tempo come un oggetto reale, che è possibile vedere, toccare. Da dove nasce?
In realtà il romanzo per tutto il tempo della sua stesura aveva un altro titolo, ovvero Nimbo, il nome del protagonista. Poi c’è stato un ragionamento condiviso con la casa editrice. Quel titolo era abbastanza criptico, non si riusciva a capire se fosse un nome proprio, un oggetto, non era identificabile. Si è deciso di passare ad altro titolo che è venuto fuori da un mio ragionamento. Quell’epoca storica è stata di una concretezza senza pari, quasi tangibile, come se fosse possibile toccare un elemento immateriale com’è il tempo.
 
A maggio uscirà il tuo nuovo romanzo, ‘Spaesamento’. Cosa lo ha ispirato?
È il racconto di tre giorni a Palermo alla fine dell’estate del 2009. L’intenzione è quella di riuscire a raccontare l’Italia di questi anni attraverso la descrizione di eventi normalissimi, come andare al mare o a spasso per la città. Per fare ciò mi sono servito di una prassi che non è esattamente letteraria quanto legata alla geologia, cioè il carotaggio. Questa tecnica prevede l’estrazione di campioni di rocce dalle profondità del terreno, che vengono studiati e analizzati con lo scopo di ottenere dei dati generali. Si preleva un frammento che valga per il tutto. Allo stesso modo ho prelevato un frammento di realtà italiana in uno spazio specifico, Palermo, in un tempo specifico, tre giorni, cercando di capire se il campione di realtà che mi trovavo a studiare potesse essere esteso all’Italia nel suo complesso.
 
Ritieni sia possibile applicare questa prassi scientifica ad una realtà sociale, ad un paese intero?
Sì, ritengo sia plausibile. Perché rispetto al passato c’è stata una riduzione delle cosiddette ‘differenze locali’. Ogni luogo conserva i suoi caratteri specifici, ma c’è una somiglianza di fondo dei costumi sociali più quotidiani, come le relazioni tra le persone.
 
Dopo molti anni a Torino, in questi mesi sei ritornato a Palermo per realizzare un film con Emma Dante. Cosa vi ha spinto a collaborare?
Con Emma stiamo scrivendo la sceneggiatura di un film tratta dal suo romanzo ‘Via Castellana Bandiera’. È un lavoro che va avanti da qualche mese e che proseguirà ancora per un po’. Tra la primavera e l’estate del prossimo anno il film verrà poi girato dalla stessa Emma Dante. Ci siamo conosciuti in maniera molto spontanea, io guardando le sue opere teatrali, lei leggendo il mio romanzo. Abbiamo trovato una sintonia di sguardo nella percezione di Palermo. Abbiamo così deciso di ampliare e mescolare questi sguardi, anche in maniera istruttiva. Questo lavoro lo impari giorno dopo giorno, costruendo una trama, costruendo un personaggio. Non c’è niente di meglio che essere pagati per qualcosa che contribuisce in maniera così determinante all’accrescimento della tua formazione.
 
In passato hai collaborato ad un saggio a fumetti, denominato Narrazioni In Corso. Consideri anche il fumetto un genere marcatamente letterario?
È un bene che anche in Italia ci sia ormai, anche da parte dell’editoria, una grande attenzione nei confronti delle narrazioni a fumetti. Per anni si è discusso sulla possibilità di riconoscere a questo genere piena dignità letteraria. Per quanto mi riguarda il fumetto è una narrazione a tutti gli effetti. Per questo motivo considero Gipi uno dei più grandi narratori italiani. Il fumetto ha dalla sua una duttilità derivata dalla possibilità di connettere immagini e parole. Questo gli permette delle strutturazioni del racconto che sono più ‘coraggiose’, che cinema e letteratura fanno più fatica a concepire e a praticare. È come un ariete che sfonda alcuni tabù che solo successivamente vengono utilizzati della letteratura e dal cinema.
 
Come si dice in gergo, sei ‘uno che c’è l’ha fatta’. Hai qualche consiglio da dare ai giovani scrittori che hanno il sogno di pubblicare un romanzo?
I consigli pratici per farsi pubblicare da una casa editrice sono in realtà secondari, quasi irrilevanti. Se uno scrittore, con coraggio e decisione, si è preso cura della sua scrittura, quasi sicuramente qualcosa di buono c’è. Ciò che non si deve fare è accontentarsi della prima stesura. Mai far prevalere la voglia di pubblicare rispetto alla cura della scrittura. Bisogna prima guardare la scrittura con attenzione, finire il lavoro. Solo a questo punto puoi pensare alla pubblicazione.


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