L’agente della Mobile ha risposto con sicurezza e precisione a tutte le domande dell’avvocato Giambruno, impegnato in un interrogatorio serrato col quale ha tentato soprattutto di smontare la credibilità della prova regina su cui poggia l’intero caso: le immagini che immortalerebbero i responsabili dell’agguato
Agente aggredito, controesame teste dell’accusa «Rischio di errore delle telecamere pari a zero»
«Per quanto riguarda la corrispondenza con le immagini riprese la possibilità di errore tende allo zero, mi permetta». A dirlo è l’agente delle Mobile Agatino Emanuele, in risposta all’avvocato Vincenzo Giambruno, che difende Francesco Zappulla. Il giovane è accusato di aver aggredito e rapinato insieme a dei complici, tutti condannati in abbreviato, un agente fuori servizio nella zona del Capo il 13 gennaio 2016. Il teste ha ripercorso tutti i passaggi portanti delle indagini che hanno portato all’individuazione e poi all’arresto dell’imputato: dalle utenze telefoniche intercettate ai luoghi in cui è avvenuta l’aggressione, e ancora le immagini immortalate dalle telecamere e il loro funzionamento. L’agente seduto al banco dei testimoni non sembra avere alcuna incertezza sul fatto che il ragazzo sotto processo sia uno dei responsabili coinvolti quel giorno. Mettendone in dubbio, invece, la volontà di collaborare con gli inquirenti, all’indomani dell’aggressione e della perquisizione nel suo appartamento.
«Sicuramente era a conoscenza del fatto che lo stessimo cercando. Anche se durante la perquisizione in casa lui non c’era, ha di fatto incaricato un amico di spostare il suo motore dal garage sottostante, probabilmente per non farlo trovare a noi – spiega l’agente Emanuele – Avrebbe potuto presentarsi il giorno stesso nei nostri uffici, invece è venuto il giorno dopo la perquisizione insieme a lei, avvocato», dice rivolgendosi al legale del ragazzo. A rivelarsi fondamentali per le indagini e l’identificazione di Zappulla sono le immagini riprese dalle telecamere in via Bonello e in via Gioeni, situate a circa 50-70 metri dal luogo del reato. «Lui soprattutto indossava una tuta particolarissima e riconoscibile per colori, scritte e simboli, ritrovata a casa di un complice – spiega il teste – In accordo anche con i testimoni oculari e con quanto riferito subito dalla vittima stessa». A complicare la posizione del giovane ci sarebbe anche il taglio di capelli: uno degli aggressori ripreso a bordo di un Sh coinvolto nell’agguato viene immortalato dalla telecamere. «Nei giri effettuati in zona prima di agire, lui passa con un cappuccio sulla testa, mentre subito dopo aver commesso il reato ripassa dallo stesso punto senza indossare né il cappuccio né il casco e mettendo in bella mostra un particolarissio taglio di capelli: tutta una parte della testa era rasata».
Lo stesso taglio che, rintracciate alcune sue foto sui social, Zappulla aveva fino al 13 gennaio. Quando si presenta in Questura due giorni dopo, infatti, è completamente rasato. Un particolare, questo, che secondo l’accusa potrebbe incidere molto. La strategia dell’avvocato Giambruno è quella di cercare di smontare la prova regina, quella su cui l’accusa fa più affidamento, mettendo in discussione l’evidenza mostrata dalle telecamere. Per farlo sottolinea come le riprese riportino la data giusta ma l’orario sfalzato di un’ora circa. Elemento, secondo lui, che avrebbe dovuto insospettire gli inquirenti. «L’errore di orario non cambia nulla – spiega però il teste – Perché le immagini riprese dalle telecamere di altre zone attigue, che involontariamente hanno ripreso la fuga degli aggressori e che non hanno alcuno sfalzamento di orario, mostrano le stesse persone, con gli stessi abiti a bordo degli stessi motori».