Memoria e impegno. Sono queste le due parole chiave della XV giornata in ricordo delle vittime delle mafie organizzata dall'associazione Libera a Milano. Un lungo corteo con migliaia di giovani, poche lacrime e molta voglia di cambiamento
Libera primavera
“Siamo oggi in piazza non per cercare consensi, ma per incontrarci”. Il primo giorno di primavera – quest’anno eccezionalmente la vigilia – è del popolo di Libera, di tutte le associazioni che ne formano la rete. Sono migliaia in piazza del Duomo a Milano ad ascoltare le parole di don Luigi Ciotti. Centocinquantamila dichiarano soddisfatti gli organizzatori.
“Nessuno potrà privarci di questa giornata. Siamo qui perché le idee, i sogni, i progetti di tutti quelli che sono morti in nome della giustizia e della legalità, i loro pensieri continuino a camminare sulle nostre gambe. Coloro che non ci sono più ci affidano le loro speranze interrotte”.
È il giorno dell’impegno e della memoria in ricordo di tutte le vittime delle mafie. E, secondo il fondatore di Libera, “non può essere soltanto un evento, ma una tappa di un percorso dentro il tempo e la storia delle persone che dura 365 giorni all’anno”. Una lunga mattinata cominciata sotto la pioggia con un corteo lungo diversi chilometri. Il percorso coincide con quattro fermate di metro, da Porta Venezia a piazza Duomo, ed è invaso da migliaia di persone da tutta Italia. Gonfaloni di province e regioni, moltissime scuole, associazioni studentesche e non, gruppi scout e i sindacati. Anche alcune bandiere viola a rappresentare il recente movimento nato dal basso, e qualche tonalità di rosso che spicca qua e là, ma si perde nei colori dei cartelloni e degli striscioni dei giovanissimi.
Un’ora di corteo a ritmo di musica per giungere a metà mattinata in piazza Duomo. Sul palco si alternano letture di scritti e pensieri di alcune vittime eccellenti delle mafie, da don Peppe Diana a Rosario Livatino. Ma, com’è nello stile di Libera, la mattinata è anche ricca di spunti diversi e contaminazioni. E’ così che si passa dal rap di Frankie Hi-Nrg, che incita la folla al grido di “Milano, you gotta fight the faida”, alle testimonianze di Ilya, figlio della giornalista russa Anna Politkovskaja, e di Manuel Granada, figlio di una coppia di desaparecidos argentini. “Oggi – ha detto Manuel dal palco – ho sentito ripetere spesso tre parole che dovete continuare a gridare sempre, perché il silenzio è la migliore arma dell’impunità: memoria, verità e giustizia”. Testimonianze internazionali che fanno parte del lavoro di Libera nel mondo. Alla giornata erano presenti le delegazioni di 30 paesi europei e cinque sud americani.
La passione rumorosa che ha accompagnato gli interventi dal palco si interrompe presto. A sostituirla è la malinconica musica di tre archi e una chitarra classica. E’ il momento della lettura del lungo elenco dei nomi delle vittime. Assassinati dalle mafie ma anche dal terrorismo, in Italia e nel mondo. In tanti sono chiamati a ricordarli ad alta voce: parenti, politici, rappresentanti delle forze dell’ordine e gente comune. Il silenzio di rispetto e di attesa che scende sulla piazza è spezzato solo dagli applausi che nascono spontanei tra una lettura e l’altra. Migliaia di occhi che sembrano guardare davanti a sé, ma vanno oltre. Chi piange compostamente, chi sorride, chi indurisce i tratti per la rabbia. “Facciamo sempre troppa fatica – dice don Ciotti con la voce che rischia di vacillare – perché sono tanti, tanti, troppi”.
Appena salito sul palco, il sacerdote fondatore di Libera pretende silenzio, perché “il primo modo di rispettare la legalità è rispettare chi parla”. Un veemente invito ai politici che chiacchierano proprio sotto al palco. Mezz’ora abbondante di discorso per toccare diversi temi cari all’associazione: la lotta al razzismo, il rispetto della Costituzione, il diritto degli operai a non morire sul lavoro, e quello degli imprenditori a portare avanti le loro aziende, nonostante la crisi, senza essere costretti a rivolgersi alle mafie. E ancora il diritto all’acqua come bene pubblico e il rispetto dell’ambiente.
Un elenco di “furti”, come li chiama più volte don Ciotti, a danno della società civile. Tutti riassumibili nel furto più grande, quello del valore della storia delle parole. E pensando a un’altra piazza il fondatore di Libera non può fare a meno che scandire ad alta voce: “E’ pericoloso svuotare di senso parole come libertà e legalità. Adesso non privateci pure della parola amore. Quello vero costruisce giustizia e vita”.