Quel novembre ’89 e un giovane, ubriaco, rocker

Mi ha svegliato la sete. Dopo non sono più riuscito a dormire. L’orologio sul cellulare segna le sei e mezza. Milano per strada è già in movimento. I tram. Le auto. Nessuna voce. Al mattino presto non si sentono le voci degli uomini a Milano. Solo le cose in movimento. La macchina ricomincia a battere e in lontananza l’eco di un martello su un tetto, da qualche parte. Alla ricerca del sonno mi trovo piuttosto a giocare una partita coi ricordi che improvvisamente si mettono a rimbalzarmi nel cervello. E’ il festino dei blues. Quest’ora appartiene a loro. Piccoli e sguaiati spiritelli di vecchia compagnia. Mi portano in giro acquattati negli angoli di questa mansarda. Mio padre che mi aspetta alla stazione centrale di Milano, ventanni fa, era Settembre e faceva già freddo, era mattina presto. Io che ritorno da Berlino senza un soldo in tasca con il biglietto scroccato all’ambasciata Italiana. Mi sposo, gli dico, mi sposo con una ragazza di Berlino Est che vuole andarsene via da quel posto. L’ho sposata. Il Muro è caduto qualche mese dopo. L’unico matrimonio della mia vita si è consumato in un vecchio palazzo di Berlino Est insieme a gente che non avevo mai visto, come mia moglie del resto, conosciuta il giorno delle nozze. Mi aveva parlato di lei un’amica dell’Ovest. E io le avevo detto: certo che la sposo. Giovane, ubriaco e suonavo in una band di rock and roll. Non potevo non farlo. Avevo provato a incontrarla ma le guardie di frontiera mi avevano bloccato alla stazione della Friedrichstrasse, perquisito, trovato con in tasca una richiesta ufficiale di matrimonio con la mia firma. Dove hai conosciuto questa ragazza? Mi chiedono. A un concerto di Rod Stewart in Ungheria, rispondo. Sono rimasto chiuso in una stanza con tavolo e sedie bullonate al pavimento. Nudo e senza documenti. Ho preso due ceffoni e mi hanno rispedito indietro. Alla fine l’ho sposata. Ci eravamo scritti finte lettere d’amore per mesi a documentare la nostra relazione. La festa fu indimenticabile. Prenzlauerberg, Berlino Est, affogava nella birra. Sono tornato a trovare mia moglie il giorno dopo. Non potevo fermarmi a dormire, avevo un permesso per il matrimonio che scadeva a mezzanotte. Sono tornato il giorno dopo e l’ho trovata seduta sul tetto insieme a un paio di amiche. Che fate quassù? Le ho chiesto. Ci veniamo sempre quassù sui tetti, mi dice, da quassù il Muro non è così alto. Poi abbiamo fatto l’amore. Io stavo appena cominciando a capire cos’era tutta quella storia.

Cesare Basile

* da http://roundbluezine.wordpress.com/


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