Antonella Maria Rita Coppola è stata citata a giudizio dalla Procura, prima udienza fissata il 26 aprile. Tutto sarebbe partito da un esposto anonimo. Vigili del fuoco, Finanza e Asp hanno riscontrato una serie di inadempienze e ipotizzate multe per 70mila euro. La dirigente: «Qualcuno vuole colpirmi»
Marsala, a processo la preside del liceo classico Controlli evidenziano mancanze nella sicurezza
Omessa adozione di misure idonee a prevenire gli incendi, un portone per uscita di sicurezza chiuso, omesso adattamento della struttura al progetto che destinava parte del secondo piano a locali segreterie, omesse manutenzioni, mancati interventi necessari per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, due scale non conformi alle norme e altro ancora. Sono dieci i capi d’imputazione contestati ad Antonella Maria Rita Coppola, 63 anni, dirigente del Liceo classico Giovanni XXIII di Marsala, per la quale la Procura ha disposto la citazione diretta a giudizio, contestando una serie di reati in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.
La prima udienza del processo, che si terrà davanti al giudice monocratico, è stata fissata per il 26 aprile. A sostenere l’accusa è il pubblico ministero Silvia Facciotti. Il procedimento a carico di Coppola è conseguenza di quanto emerso nel corso dei controlli effettuati nell’edificio scolastico (parte del cinquecentesco ex convento di Santo Stefano) dalla Guardia di finanza, nonché da funzionari dei vigili del fuoco e dell’Asp nel novembre 2015. Allora, la dirigente scolastica fu denunciata per aver omesso di adottare idonee misure per la prevenzione degli incendi e a tutela dell’incolumità di lavoratori.
In particolare, come si rileva adesso dall’atto di citazione a giudizio, mancava l’impianto di allarme con altoparlante, non era funzionante parte dell’impianto di illuminazione di sicurezza e uno dei portoni sulla strada sulla quale c’è l’ingresso della scuola (la stretta viuzza Eliodoro Lombardi) era completamente chiuso, mentre avrebbe dovuto garantire l’uscita d’emergenza. Tra le altre contestazioni, mosse anche dall’Asp, l’omesso adattamento della struttura al progetto approvato nel gennaio 2007, che destinava parte del secondo piano a locali segreterie (rilevati, invece, locali deposito materiali e archivio) e un locale del primo piano a laboratorio informatico; omesse manutenzioni, mancati interventi necessari per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori (in una stanza scaffali «non ancorati alla parete», umidità, pareti scrostate, etc.); omesse puliture di locali esterni necessarie per assicurare adeguate condizioni igieniche (rifiuti da smaltire accanto la scala antincendio); due scale non conformi alle norme; la designazione di un professionista come R.S.P.P., l’ingegnere Daniele Tranchida, secondo l’accusa privo dei necessari requisiti di legge; la mancata formazione dei lavoratori in materia di salute, sicurezza e primo soccorso e infine l’omessa rielaborazione e l’aggiornamento del documento di valutazione dei rischi dei locali di largo Figlioli.
Una serie di carenze e inadempienze per le quali, dopo il controllo, vigili del fuoco e Asp ipotizzarono multe per un totale di oltre 70mila euro. Allora, la dirigente scolastica affermò: «Sono rilievi di poco conto e comunque stiamo già provvedendo. La manutenzione straordinaria, però, spetta all’ex Provincia. Mi è stato detto che alla base di questo controllo c’è una segnalazione arrivata in Procura. Si tratta di qualche persona che vuole colpirmi».
L’indagine è scattata a seguito di un dettagliato esposto anonimo. Si sospetta che ad inviarlo sia stato qualche docente che in passato ha avuto dissapori con la preside. E su questo puntano i difensori di quest’ultima. Resta però quanto hanno rilevato Guardia di finanza, vigili del fuoco e Asp. Una serie di problemi che hanno portato la Coppola sotto processo, che si sarebbe potuto evitare pagando una multa di circa 16mila euro. Ma la preside non ha voluto pagare. A difenderla, in Tribunale, sarà l’avvocato Salvatore Errera. Oggi alle 12 la preside terrà una conferenza stampa per difendersi dalle accuse.