Medici Letojanni, firme false e sesso al 118 «Ambulanza in ritardo, dovevano rivestirsi»

Per numerare i reati commessi da Antonio Corica e Antonio Ferlito nell’ordinanza siglata dal gip Salvatore Mastroeni vengono utilizzati «ben cinque alfabeti». È questa una delle prime notazioni del magistrato nelle 64 pagine in cui vengono descritte le azioni dei due medici in servizio al 118 di Letojanni, arrestati ieri con l’accusa di truffa aggravata e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. 

Quanto avveniva dentro la postazione del servizio di emergenza urgenza viene registrato dagli investigatori della polizia di Taormina, che nel 2014 iniziano a indagare attraverso telecamere nascoste, intercettazioni ambientali e telefoniche. Si scopre così che «su un turno articolato in servizio notturno con inizio ore 20 e fine ore 8, poi prorogato per le restanti dodici ore nel giorno successivo, entrambi gli indagati erano soliti assentarsi dal lavoro la notte, fino all’indomani mattina, allorquando si recavano effettivamente in Letojanni a svolgere i propri incarichi». 

Il servizio prevede la possibilità di raddoppiare la presenza dei medici durante la notte, ma ciò restava solo sulla carta, servendo solo «per percepire i compensi». I due arrestati scrive il magistrato «si mettevano nei turni, coprendosi a vicenda, alternandosi anche la notte, in cui restava di servizio uno solo». Per far sì che agli atti risultasse la presenza, la firma veniva «apposta a posteriori anche in caso di servizio in teoria effettuato con altri colleghi, che però sapevano di essere stati affiancati la notte solo virtualmente, talvolta vanamente chiedendo di non fare tale “pasticcio” con loro». 

Come osserva la sostituta procuratrice Anna Maria Arena, «gli indagati parlano chiaramente dell’alterazione della firma che fanno allorquando si ritrovano insieme a fare il turno notturno». Lo definiscono lo scarabocchio. La magistrata sottolinea poi come entrambi «continuino nella condotta criminosa, pur avendo la consapevolezza che i colleghi di lavoro avevano coperto le assenze e le false sottoscrizioni, e avevano fotocopiato all’occorrenza il registro da dove si evidenziava lo spazio lasciato in bianco per essere riempito successivamente con la firma autentica». 

E guai ai colleghi che pensavano di denunciarli. Nelle intercettazioni, i toni sono minacciosi. Ferlito e Corica, riferendosi a una collega, raccontano di averle detto: «Io ho firmato prima che mi faccio il turno e a te che spacchio te ne fotte?». O ancora: «Tu fatti i cazzi tuoi, ché a te, la minchia, non te l’ha rotta nessuno». Uno spaccato di arroganza e di aggressività, scrive il gip Mastroeni, «veramente fuori dal comune, di livello criminale reale e considerevole».

Nei quasi 24 mesi di indagine i poliziotti accertano come la postazione del 118 venisse utilizzata in modo improprio dai due professionisti. In più di un’occasione intercettano telefonate nelle quali il dottor Corica viene contattato da quelli che secondo gli investigatori sono pazienti privati. Come il 10 agosto 2016, quando il medico concorda con un presunto suo assistito un appuntamento per il giorno dopo a Letojanni presso la postazione per fare un vaccino. Il 19 dello stesso mese viene contattato da un uomo che gli chiede quando potrà vederlo e «Corica risponde sabato o domenica o venerdì prossimo e l’uomo – sottolinea il giudice – dice che è meglio domenica perché è già tardi». 

Un collega dei due indagati, ascoltato come persona informata sui fatti, riferisce che «entrambi hanno usato come alcova amorosa la postazione e che l’ambulanza ha dovuto ritardare l’uscita perché i due dovevano ricomporsi». E proprio con riferimento a queste ultime condotte, secondo il magistrato, trapelano contezza degli illeciti. Il magistrato fa notare «il pregiudizio arrecato alla collettività, avuto riguardo alla particolare delicatezza delle funzioni affidate agli indagati, ai quali era demandato un servizio di urgenza, probabilmente ritardato o reso più difficoltoso dalle condotte di abuso poste in essere». 

Lo Stato viene visto dai due arrestati, secondo Mastroeni, come un bancomat laddove basta una firma per percepire denaro. E sottolinea «lo spregio di un giuramento quali medici e la indifferenza ai bisogni dei malati».


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