Prosegue la vicenda giudiziaria sul sistema di di smaltimento nel Trapanese. Sei gli imputati. Secondo l'accusa l'ex direttore dell'Ambito territoriale ottimale, Salvatore Alestra, avrebbe omesso di denunciare i disservizi della società di raccolta, in cambio di favori. Implicato anche lo stabilimento che converte i rifiuti in fertilizzanti
Marsala, processo su traffico illecito dei rifiuti Coinvolti Aimeri Ambiente, Sicilfert e l’Ato Tp1
«I Comuni hanno usato l’Ato come schermo. Sono stati loro, Comuni e sindaci, ad aumentare le tasse per la raccolta dei rifiuti, mentre in realtà i costi della raccolta differenziata sono diminuiti». È quanto ha sostanzialmente affermato, in Tribunale, a Marsala, l’ingegnere Salvatore Alestra, ex direttore dell’Ato Tp1, imputato con altri nel processo scaturito dall’indagine della Dda sul sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti gestito dall’ente, che vede in Marsala il suo Comune più grande.
Alla sbarra, oltre ad Alestra, sono anche l’ex direttore dell’area Sud dell’Aimeri Ambiente, Orazio Colimberti; il capo cantiere di Trapani, Salvatore Reina; Michele Foderà, amministratore di fatto della Sicilfert di Marsala; Pietro Foderà, socio e responsabile dei conferimenti alla Sicilfert, e Caterina Foderà, responsabile amministrativo della stessa azienda, che nello stabilimento di contrada Maimone trasforma i rifiuti in fertilizzanti.
Alestra e Colimberti sono accusati di corruzione. Il primo, in particolare, non avrebbe denunciato i «disservizi» di Aimeri per ottenere favori da Colimberti, mentre agli altri è contestato il conferimento e il traffico illecito di oltre 47 mila tonnellate di rifiuti. Con Alestra è iniziata la fase dell’esame degli imputati (si continuerà ancora con Alestra, e poi gli altri, il prossimo 20 febbraio). Quando l’ex direttore dell’Ato Tp1 ha attaccato le amministrazioni comunali e i sindaci il presidente del collegio giudicante, Sergio Gulotta, gli ha fatto notare, seppur garbatamente, che non era quello l’oggetto del contendere nel processo.
A condurre l’interrogatorio è stato il pm della Dda Carlo Marzella, che all’imputato ha posto domande anche sui rapporti con l’ex senatore del Pd Nino Papania e sulle penali che l’Ato avrebbe dovuto applicare all’Aimeri per i disservizi. Penali sulla non corretta raccolta differenziata, che nei primi anni non sarebbero state applicate. Se non in minima parte. Sul punto, a fine marzo 2016, in Tribunale, il sindaco di Erice, Giacomo Tranchida, aveva spiegato: «Ho fatto svolgere le verifiche direttamente ai cittadini. Una sorta di indagine per vedere se l’Aimeri svolgesse il servizio di raccolta correttamente o no. E dopo avere raccolto una serie di informazioni, ho segnalato quanto emerso all’Ato affinché venissero disposte le penalità».
In aula, il primo cittadino ribadì, poi, le accuse già mosse in fase di indagine. Del resto, uno degli input che fece scattare l’inchiesta della Dda fu proprio l’esposto con il quale Tranchida segnalò una serie di «anomalie, inefficienze e disservizi». Un investigatore, il maresciallo dei carabinieri del Noe di Roma Dario Cavallo, ha poi affermato: «Alla Sicilfert venivano scaricati anche rifiuti non differenziati e rsu. È emerso dalle intercettazioni telefoniche e dalle videoriprese che abbiamo effettuato. Su un mezzo carico di rifiuti c’era anche un materasso. E solo quest’ultimo è stato respinto dalla Sicilfert».
Ma per gli avvocati difensori Diego e Massimiliano Tranchida e Giuseppe Cavasino, alla Sicilfert non sarebbe convenuto ricevere rifiuti che non potevano essere trasformati in fertilizzanti. Nel processo, sono parti civili il ministero e l’assessorato regionale Ambiente, rappresentati dall’Avvocatura dello Stato, l’Ato Tp1 e il Comune di Marsala, entrambi rappresentati dall’avvocato Luigi Cassata, nonché i Comuni di Erice e Paceco e il Movimento difesa del cittadino.