Nell'operazione Stammer della Dda di Catanzaro c'è anche la città etnea. Sia come tappa intermedia degli emissari delle cosche calabresi verso Vittoria, sia come destinazione dove far arrivare una parte del colossale carico di stupefacente dal Sudamerica
La droga della ‘ndrangheta, i legami con Catania Il porto possibile meta della cocaina colombiana
Tra gli affari della ‘ndrangheta compare anche la città di Catania. Il capoluogo etneo viene citato diverse volte nell’inchiesta Stammer coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che ha portato all’arresto di 54 persone e a bloccare una colossale importazione di cocaina, ottomila chili per il valore di un miliardo e 600 milioni di euro, dalla Colombia all’Italia.
Catania, come spiegato negli atti, è tappa intermedia dei viaggi che gli emissari delle cosche di Vibo Valentia fanno verso Vittoria, dove dovrebbero incontrare «gli amici siciliani» disposti a partecipare al mega affare. Ma non solo. Quando, il 19 agosto del 2015, il primo carico di cocaina spedito dalla Colombia viene sequestrato al porto di Livorno, l’organizzazione entra in fibrillazione per cercare una meta alternativa. E, stando alle intercettazioni della Dda, tra queste viene preso in considerazione proprio il porto di Catania, insieme a quelli di Napoli e Gioia Tauro.
Nel capoluogo etneo evidentemente le ‘ndrine pensano di poter contare su coperture sufficienti. A parlarne esplicitamente sono due pezzi da novanta dell’organizzazione: da una parte Jaime Eduardo Cano Sucerquia, detto Jota Jota, che nelle trattative con i calabresi è il primo referente del Cartello colombiano fornitore della cocaina, «soggetto – ne delinenao il profilo gli inquirenti – che, oltre a venire personalmente in Italia, aveva poteri decisionali nella fissazione di quantità, qualità e prezzo dello stupefacente, nonché delle modalità e dei tempi per le spedizioni e consegne».
Jota Jota parla di Catania con Rosario Arcuri, colui che, per conto della cosca calabrese, concretamente doveva occuparsi del recupero della droga una volta arrivata, via mare, in Italia. Arcuri è inoltre tra i più stretti collaboratori di Salvatore Pititto, reggente dell’omonima cosca che guida la trattativa con i colombiani e relaziona tutto al capomafia Filippo Fiarè. A riprova della possibilità concreta, poi messa da parte, di scegliere il porto etneo come una delle destinazioni della cocaina, in un’altra conversazione, emerge come lo stesso Pititto si sia recato a Catania, nel dicembre del 2015, per valutare la fattibilità del progetto. Ma alla fine le mete scelte saranno Napoli e Gioia Tauro, dove il carico non arriverà mai, perché sequestrato in Colombia dalle forze dell’ordine.
C’è infine un ultimo episodio che si svolge a Catania. Seguendo i canali di vendita della droga della cosca Pititto, gli investigatori giungono anche ad altri soggetti, del Crotonese e di Gioia Tauro. Tra questi ultimi c’è Giuseppe Careri, beccato con otto chili di cocaina il 5 luglio del 2016 dalla squadra mobile di Catania, e arrestato al culmine di un inseguimento notturno sulla strada provinciale per Misterbianco, che ha portato anche al ferimento di tre poliziotti.