Alcuni giorni fa il 46enne Jilani Ben Mahmoud è stato fermato perché sospettato di radicalizzazione. Nel paese del Siracusano dove viveva lo conoscono in tanti. A cominciare dal capo religioso della locale comunità islamica: «Lo vedevo qui spesso, ma era una persona come le altre»
Terrorismo, Pachino si interroga sul tunisino espulso Imam: «Veniva in moschea, mai sembrato estremista»
«Però dite la verità, per favore». La richiesta arriva alla fine e a farla è Mohammed, il figlio dell’imam di Pachino Ahmed Haimoud, e riguarda l’impegno a raccontare la realtà così com’è, senza cedere alla generalizzazione. Da queste parti, infatti, due giorni fa un tunisino di 46 anni, Jilani Ben Mahmoud, è stato fermato dalla polizia perché destinatario di provvedimento di espulsione dall’Italia. Una misura derivante non solo dalla mancanza di permesso di soggiorno, ma anche e soprattutto perché ritenuto membro di un gruppo che avrebbe avuto rapporti con l’estremismo islamico.
Jilani sarebbe entrato in contatto, infatti, con un minorenne francese di origine italiana, che sul web avrebbe manifestato la volontà di andare a combattere tra Siria e Iraq, a sostegno della causa jihadista. Lo stesso web che proprio oggi il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha definito uno dei luoghi principali – insieme alle carceri – dove avviene il consolidamento delle idee estremiste.
Il 46enne era stato segnalato già lo scorso mese dall’intelligence come soggetto pericoloso in termini di radicalizzazione e a dimostrarlo, inoltre, sarebbero stati anche i comportamenti tenuti in carcere, dove il tunisino è finito dopo essere stato arrestato a metà agosto per violazione dell’ordinanza di allontanamento dall’Italia. È nel corso di questa esperienza che sarebbe diventato leader dei detenuti di fede musulmana.
Il 46enne, che è stato trasferito al C.i.e. di Caltanissetta in attesa di essere rimpatriato, non è un volto sconosciuto a Pachino. A confermarlo è lo stesso imam. «Certo che lo conosco, veniva spesso in moschea – racconta Ahmed Haimoud, originario del Marocco, ma da anni in Italia, dove lavora nei campi -. La frequentano in molti, a volte siamo anche un centinaio, ma tutte brave persone. Jilani per me era una persona come le altre, non mi è mai sembrato estremista».
A commentare la possibilità che l’uomo facesse parte di un gruppo di radicalizzati è anche Mohammed, che ha 21 anni dei quali gli ultimi sette trascorsi in Italia. «Io non lo conoscevo, ma non mi sembra possibile che qui a Pachino ci sia questo tipo di persone», dichiara. Per poi assicurare che di estremismo non c’è spazio nella comunità musulmana attiva nel centro del Siracusano. «Gli attentati dell’Isis? Sono cose che ci fanno arrabbiare, perché sono cose sbagliate. Inoltre le persone pensano che tutti i musulmani sono così, mentre non è vero». Mohammed arriva anche a sospettare che i motivi dell’allontanamento del 46enne tunisino siano inventati. «Anche un’altra volta è venuto qui un giornalista di una tv importante dicendoci che era stato espulso un terrorista, ma poi abbiamo scoperto che era stato cacciato solo perché non aveva documenti», assicura il giovane.
Il tunisino era un volto noto anche tra gli italiani. «Lo conoscevo perché lo trovavo spesso a comprare sigarette nella rivendita di tabacchi dove mi rifornisco», racconta un trentenne del posto. Circostanze che però non sono sufficienti a stabilire se si tratti di una persona pericolosa o meno. «Per me era soltanto uno dei tanti che comprano sigarette», sottolinea.
Stupita della notizia anche l’assessora al Welfare, Mariella Costa, che ricorda come a Pachino – la cui popolazione supera abbondantemente i 20mila abitanti – il fenomeno migratorio ha radici ormai consolidate. «Da anni conviviamo con persone di diverse nazionalità, il livello di integrazione è buono – commenta -. Siamo tra i pochi Comuni ad avere un ufficio dedicato ai migranti. Non sapevo di questa espulsione, ma mi sembra strano pensare a un estremista da queste parti, i primi stranieri sono arrivati 20 anni fa».
Ed è proprio a 20 anni fa che, domenica prossima, tornerà il pensiero di quanti prenderanno parte a un’iniziativa promossa dal Comune e dall’associazionismo, per ricordare il naufragio della notte di Natale del 1996, quando a perdere la vita furono in 283. Tra i rappresentanti delle varie comunità religiose ci sarà anche Ahmed Haimoud.