Addio al provincialismo: non solo Roma ma anche Bari è città deputata a formare i professionisti del cinema. Queste le parole dellattore e regista, ospite dellItalian FilmFest svoltosi nel capoluogo pugliese. Step1 lo ha intervistato sui progetti in corso e quelli futuri
Michele Placido: Sogno un film sulla P2
Il “Festival del Cinema Italiano di Bari ha consacrato Michele Placido come “un eroe borghese”: non solo perché l’attore e regista nato ad Ascoli Satriano (Foggia) sessantadue anni fa, ha diretto il film così intitolato e dedicato all’assassinio Ambrosoli, ma perché lui ha sempre parlato chiaro nelle sue pellicole, di politica, di valori umani, senza strilli ideologici ma con la forza delle migliori opere d’impegno civile e di denuncia contro i poteri politici conniventi con le organizzazioni criminali.
Un attore e regista a tutto tondo, Placido, come hanno dichiarato alcuni giovani studenti e attori al Festival di Bari che, in un incontro pubblico, hanno provato a carpire gli indizi del “successo perfetto” chiedendogli se si è mai pentito di aver o non aver fatto qualcosa e impersonato o no qualcuno; se guarda mai al passato e se in particolare a certi suoi film. Placido ha risposto che è un uomo “fortunato” perché ha realizzato ‘il grande sogno’ di diventare attore. Pentito? Mai. Forse perché non si riguarda nei suoi film, per esempio della Piovra ha visto pochissime puntate, perché dice “Io nasco come attore di teatro, quindi preferisco recitare piuttosto che guardare o parlare del passato”, difatti ci delizia con brevi attimi live di recitazione. Poi aggiunge che le ‘ossa’ bisogna farsele vivendo e leggendo la letteratura e non i manualetti del ‘bravo attore’: “Io ho sperimentato tanto e dai 18 ai 22 anni fagocitavo a più non posso letteratura russa”.
I ragazzi erano curiosi di sapere quali fossero i suoi film in cantiere, così Placido ha raccontato che inizierà a girare a marzo ‘Il grande sogno‘: la storia, abbastanza autobiografica, “di un poliziotto pugliese che in contemporanea frequenta l’Accademia d’Arte Drammatica a Roma ai tempi del ’68”. Poi, con Mariangela Melato sarà protagonista di un film drammatico. E siccome non può rimanere troppo tempo lontano dalla politica ci dice “Farò un film su Renato Vallanzasca e ne sogno uno sulla P2”.
Chi non è giovanissimo forse lo ricorda nel suo primo successo televisivo: “Il Picciotto”, chi in “Pizza Connection”; chi in “Giovanni Falcone”; chi è rimasto colpito dal viscido ruolo, tra l’altro ben interpretato, ne “La Sconosciuta”. Ma nella mente di tutti lui è l’integerrimo commissario Corrado Cattani de “La Piovra”.
Ma lei si ritiene così, tutto d’un pezzo, anche nella vita reale?
‹‹Sì, almeno ci provo››.
Placido-Cattani: allora le ci sono voluti poco tempo e poca fatica per smettere i suoi
anni e cucirsi addosso questo personaggio?
‹‹Non tanto tempo, due-tre mesi di lavoro molto appassionante. Per fortuna dalla mia parte avevo il regista, Damiano Damiani, con cui avevo già lavorato››.
Lei fa sempre film diversi, passando da un ruolo ad un altro senza lasciare incredulo lo spettatore. Perché nel panorama cinematografico in genere questo non succede? E cercare nell’attore la personalità del personaggio non intacca l’arte della recitazione?
‹‹Purtroppo molti miei colleghi non vogliono rischiare il loro successo commerciale. Ma lei lo vedrebbe un Verdone a recitare in un altro stile? Potrebbe perché è bravo, solo che dovrebbe rischiare››.
Ma lei ci riesce!
‹‹Io non sono mai stato più di tanto legato al mercato››.
Ma il pubblico affibbia etichette sempre e comunque o solo se non si è bravi?
‹‹Dipende dai casi. Addirittura il pubblico a volte non si scrolla dalla mente l’immagine di un padre rispetto al figlio: De Sica junior per esempio ha dovuto prendere un’altra strada per riuscire ad avere successo come il grande Vittorio››.
Vuole dire che sarà dura per suo figlio Brenno?
‹‹Gli ho consigliato di non farsi chiamare Placido, almeno per il momento, dato che aspira a questo mestiere››.
Ma Violante invece porta il suo cognome.
‹‹Viola (l’abbrevia così, ndr) ha iniziato per caso, non voleva fare l’attrice››.
Lei ha fatto sempre film politici impegnati senza far parte di famiglie politiche cinematografiche: ciò le ha creato problemi e quali esperienze ha richiesto?
‹‹Sì alcuni ostacoli, ma si va avanti comunque, come quando per “Un eroe borghese” pare che la Rai comprò il soggetto affinché non lo si realizzasse. E io lo realizzai lo stesso. Per la conoscenza, non è detto che per fare cinema politico sia necessario aprire pagine di giornali o far parte di un partito››.
Come Vittorio De Sica che si dice non aprì mai una pagina de “L’Unità”?
‹‹Eh, appunto››.
Bertold Brecht asseriva che il cinema è una ‹‹“merce”, che non ha bisogno dell’arte e che va venduta, sperando che sia di qualità e che venga acquistata dalle masse››.
‹‹Il cinema serve per raccontare e denunciare, facendo dei film utili alla società››.
Le è stato conferito il “Premio Fiera del Levante” per la sua determinazione, costanza professionale e per la sua intraprendenza artistica. Cosa fare per avvicinare maggiormente i giovani al teatro e al cinema di qualità?
‹‹Le cose stanno cambiando: lo sentiamo, lo odoriamo… Cerchiamo di organizzare quanti più festival possibili, facendo rinascere contenitori culturali che sennò andrebbero perduti. E affinché questo entusiasmo non resti circoscritto ad un’unica settimana permettiamo che si apra qualcosa di permanente, magari con l’aiuto del Ministero. Un altro mio sogno sarebbe insegnare in Puglia››.
La Puglia pare abbia risposto bene a questo Festival, come bisogna procedere adesso?
‹‹Laudadio ha avuto una bella idea e speriamo solo che questa creatura non si guasti: che da cinema italiano non si tramuti in cinema straniero in cerca di Tom Cruise… Che si cerchino, invece, professionisti che non vivono da Vip. Che si dica addio al provincialismo: non solo Roma ma anche Bari è città deputata a formare i professionisti del cinema››.
Garrone, Sorrentino, Tornatore, Winspeare… Il cinema italiano è del Sud?
‹‹Sì, ma bisognerebbe fare sistema tra le regioni››.