Si tratta di Pietro Campo, Ciro Tornatore e Vincenzo Marrella, i primi due finiti in manette già nel 2002 nel corso di un summit organizzato per l'elezione dell'allora capo provinciale, Maurizio Di Gati, oggi diventato collaboratore di giustizia
Mafia, tre arresti eccellenti ad Agrigento Ritenuti ai vertici di Cosa nostra locale
Si tratterebbe di un duro colpo ai vertici di Cosa nostra agrigentina. La polizia ha, infatti, arrestato tre persone indicate dagli inquirenti come elementi di spicco della mafia della città dei templi. Sono Pietro Campo di 64 anni, originario di Santa Margherita Belice, Ciro Tornatore di 81 anni, di Cianciana, e Vincenzo Marrella di 42 anni, di Montallegro, in provincia di Agrigento. I primi due erano già stati arrestati nell’ambito dell’Operazione Cupola del 2002, nel corso di un summit mafioso organizzato per l’elezione dell’allora capo provinciale di Cosa nostra, Maurizio Di Gati, oggi collaboratore di giustizia.
Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa e detenzione illegale di armi da fuoco e munizioni. Un’altra misura cautelare, in questo caso l’obbligo di dimora, è stata emessa a carico di un soggetto catanese, responsabile di furto aggravato in concorso. In particolare Campo e Tornatore avrebbero ricoperto ruoli di primo piano all’interno di Cosa nostra agrigentina fino al 2013.
I tre arresti, eseguiti dalla squadra mobile di Palermo e da quella di Agrigento, rappresentano la terza fase dell’operazione Icaro, che nel dicembre 2015 vide emettere tredici misure cautelari a carico di altrettanti indagati, ritenuti responsabili, in quel caso, di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsioni, riciclaggio, danneggiamenti, detenzione illegale di armi da fuoco, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina aggravata dall’uso delle armi, tentato omicidio e altri crimini. Il 26 maggio scorso, nella seconda tranche di indagini, erano state eseguite altre nove misure cautelari.
L’operazione è stata diretta dai pm della Dda Rita Fulantelli, Emanuele Ravaglioli, Claudio Camilleri e Bruno Brucoli, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia. La Procura distrettuale aveva chiesto anche per i tre indagati l’emissione della misura della custodia cautelare in carcere che, però, non era stata accolta dal gip di Palermo. Contro questa decisione la Procura ha fatto ricorso al tribunale del Riesame che ha giudicato fondati gli elementi raccolti applicando ai tre la misura della custodia cautelare in carcere. I ricorsi per Cassazione proposti dagli indagati sono stati rigettati dalla Suprema Corte che ha confermato i provvedimenti del Riesame. I tre sono stati rinchiusi nel carcere di Agrigento.