Dopo Roma, anche a Palermo sembra prevalere il fronte del no. Secondo le prime indiscrezioni, nel secondo giorno di assemblee tra i lavoratori sulla proposta scaturita dal Mise prevarrebbero giudizi negativi
Almaviva, referendum lavoratori Verso bocciatura accordo Mise
Dopo Roma, anche a Palermo sembra prevalere il fronte del no. Secondo le prime indiscrezioni, infatti, nel secondo giorno di assemblee tra i lavoratori del gruppo Almaviva, sulla proposta scaturita dal tavolo negoziale del ministero dello Sviluppo economico di qualche settimana fa, prevarrebbero giudizi negativi. Ieri si è votato nella Capitale dove, secondo alcune fonti, è stata bocciata la proposta con il 75 per cento dei voti negativi, essendo stati 1.282 i no alla bozza che prevedeva lo stop alla procedura di mobilità per 2.988 dipendenti e contratti di solidarietà per 6 mesi a partire dal primo giugno. Per la maggioranza dei lavoratori si tratta solo di un rinvio dell’iter, a fronte della certificazione dell’esistenza degli esuberi stabilità dalla società.
Nel capoluogo siciliano, sono circa 3.400 i lavoratori di Almaviva a Palermo chiamati a pronunciarsi sulla proposta discussa dalle parte sociali su circa 9 mila dipendenti del gruppo in Italia. Ieri la proposta di accordo (solidarietà per sei mesi, fino a novembre, a tutte le sedi in Italia ma con percentuali diversificate da sito a sito) è stata sottoposta agli operatori della sede di via Marcellini; oggi tocca ai colleghi impiegati in via Cordova. Lo spoglio è previsto in serata, dopo le venti. Domani, invece, si vota a Catania, dove lavorano un migliaio di addetti del call center.
«I lavoratori a Roma hanno detto No per 1.282 volte (75%) all’ennesimo sopruso aziendale. Con questo voto, hanno ribadito che la loro dignità, troppe volte calpestata dalle minacce di licenziamento, non è in vendita!» dice il segretario generale Confintesa, Francesco Prudenzano. Anche a Palermo i lavoratori hanno votato e stanno votando, anche qui – secondo i sindacati – le ragioni del “No” prevarranno ed è solo questione di poche ore per certificarle. «Da domani governo e azienda, ciascuno per le proprie competenze, dovranno trovare soluzioni durature, che possano garantire in un tempo certo il lavoro e una dignitosa retribuzione dei lavoratori», conclude Prudenzano.