È stata effettuata l'autopsia sui cadaveri dei due ostaggi uccisi. «Sono stati costretti a dargli i corpi perché hanno puntato le armi alla testa dei rappresentanti italiani», denuncia la figlia di Salvatore Failla. Mentre spunta una registrazione in cui l'uomo già il 13 ottobre diceva di non essere più coi compagni
Libia, forse in nottata il rientro delle due salme Moglie di Failla: «Non voglio funerali di Stato»
«Ciao sono Salvo, i miei compagni li hanno portati via, io sono rimasto da solo e ho bisogno di cure mediche, ho bisogno di aiuto. Parla con giornali e tv, vedi di muovere tutto quello che puoi muovere». È il messaggio audio che Salvatore Failla, uno dei due ostaggi uccisi in Libia, avrebbe mandato alla moglie Rosalba lo scorso 13 ottobre. Parole che sono contenute in una registrazione fatta ascoltare alla donna dai rapitori.
La vedova aspetta a Roma l’arrivo della salma del marito, previsto per stanotte. Le bare di Failla e di Fausto Piano, dovrebbero essere imbarcate in serata sul C130 dell’aeronautica militare che le riporterà in Italia, all’aeroporto romano di Ciampino. I corpi sarebbero da poco stati prelevati dall’ospedale dove si è svolta l’autopsia. E proprio su quanto fatto negli ultimi giorni dalle autorità libiche, interviene il legale della famiglia Failla. «La drammatica verità è che si è trattato di un’autopsia vera e propria, non un esame cadaverico esterno», ha detto l’avvocato. Nei giorni scorsi la moglie aveva chiesto che l’autopsia venisse fatta in Italia e adesso precisa: «Non voglio funerali di Stato per mio marito».
Sui motivi per cui è passato tutto questo tempo per il ritorno in Italia dei due dipendenti della Bonatti uccisi in Libia, emerge un nuovo dettaglio da confermare. «Ci è stato detto dai familiari di Piano che la Farnesina ha riferito loro che sono stati costretti a dargli i corpi per l’autopsia perché hanno puntato le armi alla testa dei rappresentanti italiani che sono attualmente in Libia». A parlare è Erica, la figlia 23enne di Salvatore Failla. «Mio padre – continua – era una persona buona. Non ci hanno aiutato a riportarlo a casa. Ci hanno detto di stare zitti, di non fare scalpore. Ci hanno detto di non rispondere alle domande dei rapitori. Dov’è lo Stato? Abbiamo fatto quello che ci hanno detto, ma non è servito a nulla».