Premio Francese a Corrado Formigli e Saul Caia Il giovane giornalista: «Avevo pensato di mollare»

Corrado Formigli e Saul Caia. Sono i due vincitori del premio giornalistico dedicato a Mario Francese, cronista del Giornale di Sicilia ucciso dalla mafia il 26 gennaio 1979. Se il conduttore di Piazza Pulita si aggiudica il premio principale, quello per i giornalisti emergenti siciliani va al siracusano Caia, perché, scrive la giuria, «coniugando diversi linguaggi, dal video alla scrittura, il suo lavoro evidenzia la conoscenza dei nuovi strumenti di informazione che viaggiano sul web, ai quali affianca una spiccata coscienza per i temi ambientali, svelando le brutture e le devastazioni del territorio siciliano, con un lavoro di ricerca e di indagine approfondito».

«Quando mi hanno chiamato ho seriamente pensato che fosse uno scherzo», commenta il giovane vincitore. «Evidentemente quello che ho fatto in questi anni a qualcosa è servito». Caia si occupa da tempo di temi ambientali. Finalista, insieme al collega Rosario Sardella, del premio Morrione con l’inchiesta Miniere di Stato, sul possibile smaltimento di rifiuti tossici nei vecchi impianti del centro della Sicilia. Più di recente ha firmato altre importanti videoinchieste, come Veleni di Sicilia, un viaggio tra i petrolchimici, ancora con Sardella. E ha raccontato sul Corriere della Sera il viaggio degli scarti di lavorazione dell‘Ilva fino alla discarica siracusana gestita dalla società Cisma Ambiente, interdetta per mafia. 

«Il riconoscimento me lo tengo stretto – sottolinea Caia – è stato un anno difficile, per due volte mi hanno rubato tutta l’attrezzatura con cui lavoro, mi sono ritrovato senza niente e ho anche pensato di lasciare questo mestiere». Sempre più difficile non solo realizzare inchieste, ma anche riuscire a pubblicarle con adeguati compensi. «Pure i quotidiani nazionali hanno dimezzato i pagamenti ed è complicato anche recuperare le spese, per questo si fanno sacrifici, si raggiungono i posti insieme ai colleghi». Un pensiero va proprio a Mario Francese, a cui è intitolato il premio. «Sono ancora più contento perché Francese per Siracusa è stata una figura importantissima». Il giornalista ucciso da Cosa Nostra è originario del capoluogo aretuseo dove ha vissuto prima di trasferirsi a Palermo. «Siracusa però non fa molto per ricordarlo – ammette Caia – c’era una piccola lapide che è stata rotta, poi l’amministrazione l’ha spostata. Ma niente di più e la stessa cosa accade con Giuseppe Fava ed Elio Vittorini, c’è spazio solo per Archimede a cui recentemente hanno costruito una nuova statua, tutto quello che viene dopo si dimentica». 

Il giovane giornalista siracusano ritirerà il premio – promosso dall’Ordine di Sicilia assieme all’associazione Uomini del Colorado, il cui nome è ispirato al celebre saluto di Francese quando lasciava la redazione del Giornale di Sicilia – venerdì mattina alle 9.30. Ci sarà anche Corrado Formigli. «Impegnato da tempo sui fronti più esposti ai conflitti – scrive la giuria sul giornalista di La7 – già nel 1998 si è distinto con un documentario sulla guerra in Algeria che ha ricevuto il riconoscimento del Premio Ilaria Alpi, confermato l’anno successivo per un reportage nel Sudafrica del dopo-apartheid e, anche durante le stagioni delle sue conduzioni di talk-show televisivi non si è mai rinchiuso negli studi televisivi, scegliendo di continuare a esercitare il suo mestiere di cronista in prima linea». Altri riconoscimenti saranno assegnati pure alle redazioni di TvA e Antenna Sicilia, storiche emittenti televisive alle prese con la crisi economica.

Filo conduttore di questa edizione sarà il tema delle guerre, che trae ispirazione da un’inchiesta che Mario Francese scrisse, poco più che trentenne, per l’edizione del centenario del Giornale di Sicilia (giugno 1960). Attraverso i suoi ricordi giovanili e la ricostruzione basata su documenti d’epoca, testimonianze e articoli di giornale, Francese raccontò gli attacchi aerei sulla Sicilia del 1940-’43. Uno scritto in cui il giovane cronista coglie e descrive le paure delle famiglie, i disagi degli sfollati, le privazioni della povera gente e perfino alcuni fotogrammi dell’ansia del ragazzo che era lui stesso, trasferitosi da Siracusa a Palermo, dove studiò. Su queste esperienze è nato il libro Quando avevamo la guerra in casa, edito da Mohicani e pubblicato a cura dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia. 


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