Il bene fatto costruire da Federico II cade a pezzi. La Procura di Siracusa ha aperto un'inchiesta che vede coinvolti anche quattro dirigenti. Nel 2010 sono stati spesi quasi tre milioni per interventi di sicurezza, risultati non risolutivi. Mentre un piano generale di riqualificazione è rimasto bloccato
Il castello di Augusta, indagati Crocetta e Lombardo Un progetto da dieci milioni pronto da cinque anni
Da un lato il terreno argilloso che causa lo scivolamento verso il mare, dall’altro l’azione di erosione delle onde che scavano sotto le mura. Il castello svevo di Augusta, simbolo della città, sta crollando: si sono già registrati cedimenti dei terrapieni e delle mura, mentre intere porzioni dei secolari bastioni di epoca spagnola rischiano di cadere. «Da oltre 30 anni versa in una condizione di totale degrado, ai turisti che ci chiedono di visitarlo non possiamo che allargare le braccia e chi va a correre lì vicino rischia perché le mura sono inclinate», spiega la professoressa Jessica Divenuta, presidente di Italia Nostra, l’associazione che ha presentato nell’ottobre del 2015 una denuncia alla Procura di Siracusa, da cui è partita l’indagine che vede coinvolti l’attuale presidente della Regione, Rosario Crocetta, il suo predecessore, Raffaele Lombardo, e quattro dirigenti: Gaetano Pennino, Rino Gigliola, Sergio Gelardi e Gesualdo Campo. Le ipotesi di reato sono omissione di atti d’ufficio, danneggiamento del patrimonio archeologico e artistico e omissione di lavori in edifici che minacciano rovina.
Una responsabilità diretta che deriverebbe dal «fondamentale principio di rango costituzionale di tutela del patrimonio storico e artistico del paesaggio della nazione». Il procuratore Francesco Paolo Giordano e il sostituto Marco Di Mauro sottolineano che la pubblica amministrazione, in questo caso la Regione proprietaria del bene, ha «lo specifico obbligo giuridico di agire» per tutelare il castello, di notevole importanza monumentale. Quando si è rivolta alla magistratura, la presidente di Italia Nostra non pensava che la sua denuncia avrebbe finito per coinvolgere la massima figura istituzionale della Regione. «Abbiamo presentato un esposto contro ignoti, per noi era diventato un atto dovuto», spiega Divenuta. L’obiettivo è trasformare il simbolo della città in occasione di «sviluppo economico e crescita occupazionale».
In realtà nel 2010 sono stati spesi 2 milioni 834mila euro per interventi di messa in sicurezza, quando ancora il castello era di proprietà statale (passerà alla Regione solo nel febbraio del 2011). «Fondi attinti dalla legge speciale sul terremoto di Santa Lucia (dicembre 1990 ndr) ed erogati dal dipartimento di Protezione civile – spiega Gesualdo Campo, allora direttore generale dei Beni culturali e oggi tra gli indagati dalla Procura di Siracusa -. Italia Nostra avrebbe potuto chiedere un accesso agli atti per saperlo, ma che faccia finta di non saperlo un funzionario della soprintendenza non è possibile». L’attuale soprintendente ai Beni culturali di Siracusa, Rosalba Panvini, conferma i lavori di cinque anni fa, ma precisa che «si è trattato di indagini geologiche e collocazione di micropali, interventi discutibili dal punto di vista della sicurezza che hanno interessato solo il lato nord e non quello a mare che è il più compromesso». Si arriva quindi a un nuovo progetto, da 10 milioni di euro, sempre a cura della Soprintendenza, per desinare il castello a museo del Mediterraneo moderno. «Fu presentato nel 2011 a valere sui fondi europei Fesr – spiega Campo – ma la disponibilità totale per la Sicilia era di 19,5 milioni di euro e non era possibile destinarne la metà per un solo progetto, peraltro viziato da carenze tecniche e amministrative». Passato dunque anche questo treno, viene fatto un secondo tentativo nel 2013 per ottenere i finanziamenti ministeriali del Poin (programma operativo interregionale). «Nell’autunno del 2013 il ministero approva la graduatoria in cui era previsto anche il progetto per il castello, poi io sono andato in pensione e non so che fine hanno fatto questi soldi», conclude Campo.
Secondo la Soprintendenza i 10 milioni non sono mai arrivati, perché, spiega Panvini, «ci hanno comunicato che, per essere finanziabile, bisognava scindere il progetto in due interventi da cinque milioni ciascuno. Abbiamo rifatto le carte tecniche, gli elaborati, ora siamo a buon punto, quando riapriranno le misure per i finanziamenti trasmetteremo i nuovi progetti». Intanto sono state avviate le procedure, con l’assessorato regionale ai Beni culturali, per un intervento di somma urgenza per consolidare la parte più compromessa sul mare.
In attesa spetta adesso la Procura accertare eventuali ritardi o procedure non a norma. Sia il presidente Crocetta che Lombardo chiederanno di essere ascoltati dai pubblici ministero. Vincenzo Lo Re, avvocato dell’attuale governatore, ha fatto sapere che «è evidente a tutti che Crocetta non aveva e non ha alcuna ragione di omettere dolosamente provvedimenti amministrativi finalizzati ad impedire il crollo del Castello di Augusta. In Sicilia – ha aggiunto – la competenza esclusiva sul recupero dei beni culturali è attribuita per legge all’assessorato regionale». Stessa tesi sostenuta dall’ex presidente Lombardo. «Nessuno – spiega a MeridioNews – mi ha mai notificato rischi di crollo per il castello di cui neanche conoscevo l’esistenza, altrimenti sarei intervenuto anche se non di mia diretta competenza visto che esistono assessori competenti. Inoltre la legge 10 del 2000 parla chiaro e dà le responsabilità ai tecnici. Come faccio ad avere l’occhio magico per vedere cosa succede nei borghi? Sulla base di questo principio potrebbero partire infinite indagini, ma poi, a parte la volontà di intervenire servono sempre le risorse».