Il presidente di Confindustria Sicilia è indagato per concorso esterno alla mafia. Qualche settimana fa gli investigatori hanno perquisito casa e uffici dell'imprenditore, trovando una grande mole di carte nascoste. Oggi il Riesame ha rigettato la richiesta degli avvocati
Montante, documenti e armi in una stanza segreta Il Tribunale dice no al dissequestro del materiale
Sarebbe materiale prezioso quello trovato dagli investigatori che, su ordine della Procura di Caltanissetta, a gennaio hanno perquisito l’abitazione e gli uffici di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia e vicepresidente nazionale, indagato per concorso esterno all’associazione mafiosa. Ci sarebbero numerosi documenti riguardanti politici, magistrati ed esponenti delle forze dell’ordine, e materiale informatico. Inoltre sono state rinvenute anche alcune armi, che i legali dell’imprenditore hanno precisato essere «pezzi da collezione, regolarmente detenuti con le relative autorizzazioni». Il tutto si trovava in una stanza segreta nella casa di Montante a Serradifalco.
Gli avvocati del presidente degli industriali – Nino Caleca, Giuseppe Panepinto e Marcello Montalbano – avevano chiesto il dissequestro del materiale, ma oggi il Tribunale del Riesame di Caltanissetta ha dichiarato inammissibile la richiesta. Per comprendere le motivazioni della decisione, che sarebbe legata a problemi di carattere procedurale, bisognerà attendere il deposito del provvedimento.
«Il Riesame – hanno commentato i legali – senza entrare nel merito, ha adottato una decisione di natura processuale. Seguiremo con scrupolo le indicazioni procedurali che il Tribunale indicherà nelle motivazioni. Abbiamo impugnato l’unico atto che fino a questo momento la Procura ha ritenuto di notificarci. Abbiamo avuto modo di esaminare le carte processuali depositate e impugneremo gli ulteriori provvedimenti, poiché siamo certi che non sussiste neanche il più recondito fumus che possa offuscare l’attività di Antonello Montante e di Confindustria».
All’imprenditore vengono contestati i rapporti con Vincenzo Arnone, testimone di nozze di Montante, ma anche boss di Serradifalco, figlio di Paolino Arnone, storico padrino, morto suicida nel carcere di Caltanissetta nel 1992. A parlare delle relazioni pericolose del presidente di Confindustria è stato anche il pentito Salvatore Di Francesco, mafioso di Serradifalco, paese d’origine di Montante. Di Francesco, ex dipendente dell’Asi, l’area di sviluppo industriale, si sarebbe occupato della gestione degli appalti per conto di Cosa Nostra.