Tessere Pd, il responsabile dell’organizzazione  «Nessuno farà pulizie etniche, ma niente scalate»

No alle porte girevoli, ma neanche sbarrare gli ingressi indiscriminatamente a chi vorrà sposare le cause del partito. A intervenire nella polemica sui tesseramenti sospetti all’interno del Pd siciliano è Antonio Rubino, responsabile dell’organizzazione regionale del partito e molto vicino al segretario Fausto Raciti. Tra gli attacchi dei nuovi che parlano di baronie e l’esigenza di mantenere unito un partito sempre pronto alle lotte intestine, i motivi per guardare con attenzione al presente non mancano. Senza, tuttavia, dimenticarsi del futuro e, soprattutto, del recente passato.

Il caso tesseramenti tira in ballo l’organizzazione sul territorio del Pd. Cosa ne pensa delle polemiche? 
Le ho trovate scomposte e fuori luogo. Il segretario regionale, di fronte a segnalazioni e a una tensione registratasi nella fase finale del tesseramento, ha deciso di chiedere un controllo su ogni tessera. Con lo scopo di sgomberare il campo da dubbi. Ci saremmo aspettati un sostegno generale e invece una parte del partito ha reagito istericamente.

Giovanni Bruno, presidente della commissione di garanzia, sostiene che si stia facendo clamore per una frase di Cuffaro. Quello di Realmonte è un caso isolato?
I singoli casi saranno vagliati dalle commissioni provinciali. Abbiamo concordato le modalità operative che varranno da Agrigento a Siracusa, da Palermo a Catania. Se ci sono altri casi Realmonte lo capiremo solo dopo. Nessuno ha da fare pulizie etniche ma non permetteremo baronie o scalate.

Le correnti interne, intanto, hanno colto la palla al balzo. Opportunismo in vista delle elezioni?
Non è una lotta fra correnti, ma tra due idee opposte. Da un lato c’è un ragazzo di trent’anni che sta provando a ridare credibilità al Pd siciliano, dall’altro lato chi pensa che in nome di Renzi si possa accogliere tutti come evoluzione dei tempi. Chi pensa di avere un tornaconto dalla fibrillazione costante del partito si sbaglia di grosso. A seminare vento si rischia di raccogliere tempesta. 

Sammartino ha parlato di baronie e modalità carbonare.
Se per baronia si intende la gestione di tessere nel chiuso di una segreteria, magari schiacciando l’occhio alle dinamiche romane, allora ha ragione e va assolutamente evitato. Se invece nelle sue parole c’è un’accusa ai nostri circoli, mi spiace ma mi sento di difendere questi ultimi. Alla gente del Pd, che regala al partito passione ed entusiasmo, bisogna rivolgersi con il massimo rispetto.

Proprio Sammartino – insieme agli ex Articolo 4 – è stato protagonista dell’ultima ondata di ingressi nel Pd. 
L’ingresso di Articolo 4 è frutto di un percorso iniziato insieme a Lino Leanza per le elezioni europee. Abbiamo spiegato che l’adesione al nostro progetto va costruita sui binari della politica. In quei giorni abbiamo detto anche tanti no a chi riteneva di entrare dalla porta girevole. Il tema non è la provenienza ma la visione del futuro. Coloro che vorranno stare nel Pd con lo sguardo rivolto in avanti saranno i benvenuti. Chi pensa che siamo un contenitore elettorale farebbe bene a cambiare destinazione.

Quanto ha inciso l’annuncio di Renzi di voler diventare partito della nazione? 
Domenica scorsa, Renzi è stato chiarissimo: il partito della nazione non esiste. Quando Cuffaro dice che siamo la stessa cosa rispetto al suo modo di fare politica è giusto sottolineare che non è così. Il cuffarismo non è un fantasma del passato, ma una pratica politica di cui la Sicilia pagherà le conseguenze per moltissimo tempo. Dobbiamo rimarcare l’alternatività del Pd, altrimenti la provocazione di Cuffaro diventerà la profezia che si autoadempie.

A Palermo, intanto, il Pd ha annunciato la creazione del dipartimento provinciale della comunicazione. 
Non penso sia importante chi comunica ma cosa si comunica. E in questo momento il segretario del Pd palermitano, oltre agli insulti al segretario regionale, non mi pare abbia comunicato granché. 

Dalla rottamazione al riciclo. Il partito sembra non incarnare più il cambiamento.
Il rischio c’è. La cosa che mi ha impressionato è stato chi giustificava il boom di tessere richiamando le elezioni europee. Ma nelle nostre liste non c’erano i gattopardiani. Le personalità alle quali abbiamo chiesto di candidarsi erano la rappresentazione di un modello di partito e società che volevamo sostenere. E la gente ha colto quel messaggio premiandoci. 


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