NOma, l’antimafia al tempo degli smartphone Tre utenti raccontano l’applicazione di Tim

Tre persone diverse per età, lavoro, posizione geografica, hanno provato NOma – luoghi e storie NOmafia, l’app di Tim disponibile da qualche giorno sugli store digitali. «Un’applicazione – si legge in una nota del produttore – scaricabile gratuitamente su tablet e smartphone, che guiderà cittadini, turisti, giovani e studenti attraverso le strade di Palermo, nei luoghi degli attentati mafiosi che hanno sconvolto la storia italiana a partire dagli anni ’70». Noma è stata presentata in Senato appena ieri dal presidente Pietro Grasso insieme al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando e da Pif nelle vesti di presidente dell’associazione Sulle nostre gambe. Inizialmente accompagnerà gli utenti alla scoperta delle storie di quindici vittime di mafia: da Nino Agostino a Giovanni Falcone, da don Pino Puglisi a Cesare Terranova, raccontati attraverso i filmati messi a disposizione dalle teche Rai, immagini, interviste ai familiari e documenti, come le prime pagine dei giornali dell’epoca.

Secondo Alessandro, giornalista di 29 anni che vive a Torino, dov’è nato, ma che ha lavorato per alcuni anni a Palermo «sembra qualcosa molto di nicchia, però ben fatta. Niente di rivoluzionario, però per la didattica è perfetta, anche per la divulgazione di una storia importante per il nostro Paese. Insomma – commenta – un tipo di antimafia meno controverso rispetto a quella sbandierata a cui siamo abituati negli ultimi tempi». Nessuna sensazione particolare, però nel rivivere fatti terribili accaduti in luoghi che conosce bene. «Emozioni no, chiarezza tanta e questo non può che essere un bene – spiega – Rende giustizia ad alcuni punti di Palermo dove si è scritta la storia del vivere cittadino, in quella città e un po’ in tutta Italia senza cercare di giocare sull’emotività a tutti i costi, questo lo trovo piacevole». 

Alberto, invece, è di Palermo e nel capoluogo frequenta l’università. È nato nel 1994, dopo gli anni delle stragi. «Sembra qualcosa fatta soprattutto per i turisti – dice – e non so quale turista si farebbe il giro dei luoghi degli attentati di mafia. Potrebbe essere utile come app istruttiva, ma non so chi la userebbe. Apprezzo l’impegno di questi personaggi, ma non mi interessa tanto. Conosco bene la storia della mafia e quello che le vittime rappresentano per la nostra città, ma non sono uno di quelli che segue l’associazionismo antimafia militante. Sono comunque sicuro che se la facessi vedere ad alcuni miei amici sarebbero entusiasti». Una curiosità tecnica: «La maggior parte delle persone che hanno dato cinque stelle sullo store – spiega Alberto – era gente che diceva “bell’idea ma non mi parte“».

«Sicuramente farei consultare questa app ai miei studenti – dice Denise, che insegna alle scuole elementari in provincia di Mantova – Di solito non amo l’idea di personaggi famosi che si ergono a icona per raccontare vicende di mafia, ma in questo caso gli argomenti sono trattati con garbo. La cosa interessante è poter conoscere la vita di vittime meno conosciute, che non hanno goduto della stessa risonanza mediatica di Falcone e Borsellino. Eroi soprattutto perché persone normali. È in particolar modo per le persone come loro che la memoria andrebbe coltivata e curata».

L’antimafia al tempo delle app, dunque, sembra riscuotere un discreto successo tra gli utenti. «La consiglierei – dice Alberto – in generale come una curiosità, per tutti coloro che vogliono conoscere meglio Palermo». Gli fa eco Alessandro, che risponde: «Raccomanderei questa app a tutti, palermitani e non. Ai palermitani per evitare di fare confusione con i troppi show televisivi. Agli altri per vedere che Palermo per lungo tempo non era tanto diversa da una città in periodo di guerra».


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Uno studente di Palermo, un giornalista di Torino e un'insegnante della provincia di Mantova hanno testato l'app che racconta luoghi e storie di mafia. Tre punti di vista diversi per analizzare pro e contro di quello che è stato presentato come un archivio digitale della memoria. E una curiosità tecnica: «La maggior parte delle persone che hanno dato cinque stelle sullo store era gente che diceva bell'idea ma non mi parte»

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