Mentre nella sale arriva La corrispondenza, Tornatore riceve il dottorato honoris causa a Messina. «Ho un legame profondo con questa città, nato con l'uscita di Nuovo Cinema Paradiso». Poi torna sul «complesso dell'opera prima» e ammette: «La vera essenza del cinema resta un territorio sconosciuto»
Il regista Giuseppe Tornatore sale in cattedra «Film su Sicilia? Evito formule preconfezionate»
«Non posso dire che non farò più film sulla Sicilia. Ma probabilmente c’è da aspettare un’idea che mi motivi a riprendere questo discorso interrotto». Un Giuseppe Tornatore emozionato quello che ha ricevuto dall’Università degli studi di Messina il dottorato honoris causa in Scienze Storiche, Archeologiche e Filologiche. Il regista siciliano è stato accolto da un bagno di folla che ha assistito nell’aula del rettorato alla cerimonia.
Nel raccontare come nasce un film, compreso l’ultimo, La corrispondenza, in questi giorni nelle sale italiane, Tornatore parla della paura che preferisce provare quando realizza una pellicola diversa da quelle già fatte. «Seguo nella mia produzione una linea zigzagante. Sono attratto dalla storie che non so dove mi porteranno, e l’altro aspetto che mi porta a questo zigzagare è lo stesso che mi fa preferire prendere un tram senza sapere dove mi porterà. L’ho detto più volte, ho il complesso dell’opera prima. Se faccio un film che rappresenta una frattura con quello che ho fatto prima, mi dà l’illusione di tornare a fare il mio primo film, perché mi confronto con tematiche sconosciute fino a quel momento. Questo innesca in me quella meravigliosa trepidazione che a volte diventa paura. E la paura è più creativa rispetto alla sicurezza. Per questo non ho mai realizzato due film siciliani consecutivamente, non mi avrebbe divertito. Ho sempre cercato di evitare formule preconfezionate di sicuro successo. Ed è proprio per questo motivo che mi piace quando mi dicono che il nuovo film sembra fatto da un altro. Mi sembra gratificante e sta succedendo anche con La corripondenza».
Il regista si sofferma sul rapporto con la città che gli ha conferito il riconoscimento. «Con Messina ho un legame profondo che ho avuto modo di raccontare tante volte sia qui, che in giro per il mondo – racconta Tornatore -, un legame che risale a trent’anni fa, in occasione dell’uscita di Nuovo Cinema Paradiso. A differenza del resto d’Italia, dove il film ancora non incassava, la proiezione messinese registrò un grande successo grazie all’iniziativa dell’esercente del Cinema Aurora, Gianni Parlagreco, che scelse di fare pagare il biglietto solo dopo la visione della pellicola. Da allora il rapporto con i miei amici di Messina si è consolidato e per me è un riferimento preciso. Bagheria è dove sono nato, Palermo è la mia città e Messina è dove ci sono i miei amici».
La cerimonia all’ateneo è stata rinviata di qualche giorno a causa della scomparsa del regista Ettore Scola. Nonostante il giorno festivo, in tanti hanno voluto incontrare il premio oscar e visitare nell’atrio del plesso centrale dell’Università la mostra dal titolo Giuseppe Tornatore, trent’anni di cinema 1986-2016: da Il camorrista a La corrispondenza, curata da Ninni Panzera e realizzata in collaborazione con il Centro di documentazione Giuseppe Tornatore e l’associazione La Zattera dell’Arte. «Non so se merito il conferimento di questo prestigioso dottorato – sottolinea il regista – ma sono onorato di riceverlo; da quando ho cominciato a fare questo mestiere non ho mai smesso di cercare. Mi piace pensare che questa onorificenza sia dedicata a questo».
Tra i ringraziamenti ne riserva uno particolare al professor Vincenzo Fera (coordinatore del Dottorato, ndr), «perché – sottolinea – il suo saggio, non mi vergogno a dirlo, mi ha illuminato in merito a valori del mio lavoro che nemmeno io conoscevo. Ho sempre lavorato per raccontare storie – continua – e ho la sensazione che non siano state poi neanche così tante. Non sono mai del tutto soddisfatto di quello che faccio, vorrei fare sempre meglio e di più e non credo di aver ancora capito la magia del cinema, dalla sua genesi, frutto delle esperienze vissute direttamente e indirettamente per una vita intera, al momento del faticoso processo di produzione finale. Viviamo un’epoca di grandi trasformazioni, è in atto in questo momento una nuova rivoluzione tecnologica nel mondo del cinema: tutto parte da un’idea la cui origine è spesso sconosciuta per poi divenire parola scritta, sceneggiatura, e solo alla fine immagine. La vera essenza del cinema – conclude – resta un territorio ancora sconosciuto».