Il giorno di Lorefice: «Sono uno di voi, un palermitano» E nel discorso alla città cita don Puglisi e la Costituzione

Bambini, giovani, boy scout, comunità parrocchiali. Palermo lo abbraccia e lui, don Corrado Lorefice, il parroco diventato arcivescovo per volontà di Papa Francesco, ricambia l’affetto. «Buonasera» esordisce rivolto alla folla di fedeli che si è radunata a piazza Pretoria per dargli il benvenuto. «Sono qui per ascoltare il vostro cuore e perché voi possiate ascoltare cosa io custodisco nel mio – dice – mentre mi accingo a essere uno di voi, un palermitano, un amico, un padre. Voglio stare in mezzo a voi, nella semplicità, nel servizio affettuoso».

Gli applausi risuonano fragorosi. Interrompono più volte il suo discorso. «Non mi nascondo le contraddizioni di una bellezza che a Palermo appare ferita dalla violenza e dal sopruso. Sono qui stasera per farmi carico con voi di tutto questo» prosegue. E alla città rammenta la sua natura e la sua storia. Con umiltà e semplicità. «Sento l’esigenza di ricordare la vocazione di pace, di incontro, unità, dialogo e scambio che Palermo si porta scritta nel cuore – dice -, l’esigenza di ricordare la sua natura di ponte fra le culture araba, ebraica e cristiana in un tempo storico così difficile in cui tanti evocano e praticano un folle scontro di civiltà, in cui si accentuano e si costruiscono motivi di divisione e di assurda frammentazione fra nord e sud del nostro paese. Ricordiamoci di essere un popolo che nel suo dna ha la ricerca della pace e non della guerra. Qui Oriente e Occidente si incontrano e dialogano».

L’ex parroco di Modica, giunto nel Palazzo di città a bordo di un’utilitaria, cita don Puglisi, che «ci ha fatto capire che cosa significa testimoniare il Vangelo», ma anche la Costituzione, «quel meraviglioso Articolo 3, che ognuno è chiamato a rendere reale nella vita di ogni giorno e che deve essere una bussola per tutti noi». Lo stesso che introduce il principio di eguaglianza formale e sostanziale nell’ordinamento italiano. E nell’esordio del suo ministero indica la strada. «Nella sua storia questa città porta in sé i segni della sua rinascita, del suo possibile ruolo di guida di una Sicilia libera dai lacci della mafia, dal clientelismo, dalla disillusione e dalla disperazione di giovani costretti a partire e di adulti senza valori, libera dalla povertà, dall’ingiustizia e dalla rassegnazione».

Si commuove don Corrado quando cita il Pontefice, che lo ha scelto per la guida di una delle Diocesi più ambite di Sicilia. «Che ci faccio qui? Però, ci sono e ci voglio essere…» assicura e con la voce rotta dall’emozione rivolge un pensiero ai «bambini, che sono l’immagine del nostro futuro». Sul palco allestito a piazza Pretoria il sindaco Leoluca Orlando lo saluta a nome della città. «Don Corrado, un benvenuto fraterno, caloroso – dice – da una città mediterranea in Europa, città migrante nelle strutture, nei colori e nei suoni. Oggi siamo grati a tanti migranti che vivendo a Palermo hanno restituito armonia». 

Dopo il primo discorso alla città e l’incontro con le autorità ad attenderlo c’è la celebrazione eucaristica per la consacrazione episcopale in una Cattedrale blindata, con i controlli con i metal detector agli ingressi, e gremita di fedeli fin dalle prime ore del pomeriggio, assiepati all’interno ma anche nel piazzale antistante con tanto di maxi schermo. Due ali di scout lo precedono lungo corso Vittorio Emanuele nella processione, che somiglia a una grande festa. In cielo volano i palloncini, mentre nel Duomo ad attenderlo ci sono i rappresentanti delle altre confessioni. Lui abbraccia tutti e stringe decine di mani, gli applausi non si contano. Sono venuti da Noto per vederlo. Il prete di strada diventato arcivescovo ha già conquistato tutti.


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