L'Assemblea regionale siciliana ha ufficializzato, questo pomeriggio, le proroghe ai commissariamenti e lo slittamento della data nella quale si conosceranno i nomi dei sindaci delle città metropolitane e dei liberi consorzi comunali. Nei giorni scorsi, non erano mancate le candidature a Palermo e Catania
Riforma ex province, elezioni rinviate L’Ars: «Si voterà il 30 giugno 2016»
Dopo i rumors, la conferma. Le elezioni dei vertici delle città metropolitane e dei liberi consorzi comunali sono ufficialmente rinviate al 30 giugno 2016. A deciderlo è stata l’Ars che, questo pomeriggio, ha votato la proroga del commissariamento delle ex province e, contestualmente, la soppressione del secondo comma della legge del 4 agosto 2015, secondo cui entro novembre si sarebbero dovuti conoscere i nomi di chi guiderà i nuovi enti. A votare a favore del rinvio sono stati 38 deputati, mentre 21 si sono opposti. Sette, invece, gli astenuti.
Già ieri, MeridioNews aveva anticipato lo slittamento del voto all’estate. L’epilogo, d’altronde, era pressoché scontato, dopo che a inizio ottobre il governo Renzi ha deciso l’impugnazione della legge davanti la Consulta. Scelta giustificata dalla presunta incostituzionalità della legge regionale, per via dei contrasti con i dettami della legge Delrio, che regola a livello nazionale la gestione delle ex province.
L’aria di rinvio, tuttavia, non aveva fatto desistere dalle candidature. Se a Catania sono stati 16 i sindaci che avevano annunciato la propria volontà di competere, a Palermo si sono registrate ben 35 candidature. Con tanto di polemiche che hanno attraversato da un lato all’altro la Sicilia: se nel capoluogo Leoluca Orlando, a rischio partecipazione per via del fatto che gli rimangono meno di 18 mesi di mandato, già stamani aveva dato mandato all’avvocatura del Comune di ricorrere al Tar contro l’ipotesi di elezioni immediate, a Catania, Enzo Bianco si è trovato di colpo a doversela vedere con altri 15 pretendenti alla carica di sindaco della città metropolitana.
I giochi però adesso sono rimandati al nuovo anno. Quasi otto mesi nei quali tante cose potranno cambiare. A partire, magari, da una legge accettata da tutti.