Grazie alla collaborazione dell'ex presidente dei rossazzurri, il procuratore federale Stefano Palazzi ha chiesto una pena ridotta che prevede anche una penalizzazione di cinque punti ma esclude radiazioni per i dirigenti e la retrocessione nei dilettanti. La decisione adesso spetta al tribunale sportivo
Catania, Procura sportiva chiede Lega pro Pulvirenti: «Basta calcio, club presto ceduto»
Retrocessione in Lega pro e cinque punti di penalizzazione per il Catania. Cinque anni di squalifica per il patron Antonino Pulvirenti. Sono le richieste che il procuratore federale Stefano Palazzi ha avanzato al tribunale sportivo, riunitosi oggi per avviare il procedimento a carico del club e dei dirigenti rossazzurri coinvolti nell’inchiesta della procura di Catania denominata I treni del gol. «È l’ultimo atto, chiudo col calcio sia come proprietario che come presidente – dice alla stampa Pulvirenti al termine dell’udienza, durata tre ore – Il Catania sarà ceduto, è solo questione di tempo». Entro il tardo pomeriggio potrebbe invece arrivare la decisione del collegio giudicante, presieduto da Sergio Artico. Serviranno due o tre giorni invece per il legale della società Eduardo Chiacchio. Stralciata la posizione dell’agente dei calciatori Michele Arbotti, attualmente agli arresti domiciliari.
Sia il Catania che Pulvirenti, come pure l’ex amministratore delegato Pablo Cosentino, sono stati deferiti per responsabilità diretta in illecito sportivo. Tutti accusati di avere partecipato alla combine di alcune partite dello scorso campionato di serie B. Il massimo della pena richiedibile dall’accusa poteva essere la radiazione dei dirigenti e la retrocessione in serie D del club. «La collaborazione è sempre rarissima e merita una valutazione premiale» dice Palazzi per spiegare i motivi che l’hanno spinto a ridimensionare l’entità delle sue richieste. Il patron Pulvirenti aveva infatti reso «fattiva collaborazione» nell’interrogatorio avuto nelle scorse settimane col procuratore. Atteggiamento che ha dato la possibilità di applicare l’articolo 24 del codice di giustizia sportiva, finora mai utilizzato, che consente di aggirare il divieto di patteggiamento nei casi di responsabilità diretta. E permette all’accusa di concordare, insieme alla difesa, una punizione attenuata rispetto al massimo della pena.
L’aula in cui si è riunito il tribunale federale è stata allestita a Roma, all’interno di un elegante albergo. L’organo giudicante, che rappresenta il primo dei due gradi della giustizia sportiva, è un collegio formato da cinque componenti compreso il presidente. Se il tribunale accoglierà la richiesta avanzata da Palazzi, la sentenza definitiva potrebbe arrivare a breve. E non sarebbe appellabile.Il tribunale potrebbe però rifiutare la richiesta di pena ridotta per il Catania o per Pulvirenti. In tal caso, per la parte esclusa, si aprirebbe la strada del dibattimento, che porterà alla sentenza nel giro di qualche settimana. Decisione che poi può essere appellabile alla corte federale. Il secondo e ultimo grado della giustizia sportiva, che sarebbe chiamato a esprimersi al massimo entro fine agosto. In tempo per l’inizio dei campionati di serie B e Lega Pro, slittati per attendere proprio il destino del Catania.
Il procedimento sportivo è stato avviato, a luglio, a seguito di un’operazione condotta dalla procura di Catania. Le indagini della magistratura si erano concluse il 23 giugno con l’arresto dei vertici del Calcio Catania. Ai domiciliari finirono Pulvirenti, l’ex amministratore delegato Pablo Cosentino e l’ex direttore sportivo Daniele Delli Carri. Tutti accusati di truffa e frode sportiva. Secondo gli investigatori, gli indagati avrebbero combinato alcune partite del campionato di serie B per favorire la salvezza del Catania, che navigava in zona retrocessione. Versione parzialmente confermata da Pulvirenti davanti al gip. Confessione che è valsa all’ex presidente la riduzione all’obbligo di firma della misura cautelare. La stessa concessa anche a Cosentino, che all’interrogatorio di garanzia dichiarò: «Non so nulla, se Pulvirenti ha fatto questo è un pazzo». Tra le prove a sostegno dell’ipotesi di reato, numerose intercettazioni telefoniche in cui gli indagati utilizzano un singolare linguaggio in codice: il numero di treni in arrivo corrisponde ai giocatori avversari da avvicinare, mentre l’orario rivela il loro numero di maglia. Da qui il nome dell’operazione, I treni del gol.