«Pochi assistiti, gestione poco accorta di un ricco patrimonio immobiliare con affidamenti diretti, poco veritiere previsioni di entrata». È partita da un esposto della Cgil la verifica dell'assessorato sull'Ipab catanese che assiste 15 non vedenti. Dalla relazione finale emerge un quadro opaco. Ma il presidente si difende
Ardizzone Gioeni: ispezione su rette, affitti e bilanci Stimato presunto danno erariale di 500mila euro
Da più di cento anni l’Ardizzone Gioeni di Catania assiste i non vedenti. Missione per cui riceve ogni anno centinaia di migliaia di euro dalla Regione e dalle Province. Fondi che però si sono via via ridotti. Sulla gestione dell’Ipab negli ultimi mesi ha cercato di fare luce un ispettore inviato dal’assessorato regionale a seguito di un esposto della Cgil. «Abbiamo chiesto di approfondire alcuni aspetti – spiega Gaetano Agliozzo, della Funzione pubblica – su organizzazione del lavoro, gestione degli immobili e contenziosi con i molti morosi. Siamo preoccupati per i futuri pagamenti degli stipendi». Timori che vengono confermati e ampliati nella dettagliata relazione finale dell’ispettore Salvatore Iervolino. Tra i nodi figurano «una gestione poco accorta di un ingente e ricco patrimonio; poco veritiere previsioni di entrata – scrive l’ispettore -; molti dei terreni concessi in affitto risultano morosi e su di essi l’amministrazione non cura il recupero del credito». Secondo le stime dell’ispettore, che ha presentato denuncia alla Guardia di finanza e alla procura regionale della Corte dei conti, ci sarebbe un danno erariale superiore a 500mila euro.
Nell’ultimo anno gli assistiti all’Ardizzone Gioeni sono stati quindici. Il presidente è Gianluca Rapisarda, nominato in rappresentanza della Curia arcivescovile di Catania, così come il suo vice, monsignor Salvatore Genchi, vicario generale della diocesi. Segretario generale è Gianpaolo Adonia, funzionario di lunga esperienza del Comune di Catania, consulente di Asec e Amt. Nel 2014 l’Ipab ha ricevuto 184mila euro dalla Regione. Ma la sua ricchezza potrebbe derivare dal nutrito patrimonio immobiliare dell’opera pia: centinaia di ettari di fondi rustici e diversi fabbricati, fra i quali un intero palazzo nel cuore di Catania – con appartamenti, botteghe e autorimessa – in via Agnini, vicino alla villa Bellini. L’immobile «non è stato concesso in affitto – si legge nella relazione – e non assicura alcun reddito all’ente». Nonostante ciò, «sono stati attribuiti incarichi e consulenze a professionisti per progetti analoghi (inteso come progetti di riutilizzo del bene, ndr) che non risultano mai utilizzati». Il presidente Rapisarda, contattato da MeridioNews, si difende sottolineando come «più volte si sia tentato di affittare lo stabile con gare a evidenza pubblica, ma il settore immobiliare è in crisi».
E non andrebbe meglio con la gestione delle proprietà di campagna. In particolare il fondo San Vito, oltre 400 ettari tra Belpasso e Paternò, diviso in appezzamenti, molti dei quali sarebbero stati assegnati con affidamento diretto dal presidente a singoli e società. Su questo si concentrano le critiche dell’ispettore. Come nel caso dell’affidamento alla società Borgo Scalilli che ha in locazione la Casina San Vito, ex convento dei Benedettini, e poi villa del barone Ardizzone Gioieni, dove esiste un ristorante, Feudo San Vito, più altri terreni limitrofi. Con un contratto di affitto di sei anni, a 60mila euro all’anno, che sarebbe stato stipulato direttamente dal presidente, «senza salvaguardie per inadempienze né cauzione. Non esiste accertamento di congruità del canone. La società – denuncia Iervolino – non ha mai pagato i canoni con regolarità». Su indicazione del cda si è giunti a un accordo transattivo, non rispettato. Quindi, lo scorso marzo, si sarebbe deciso di affidare in via diretta alla Borgo Scalilli la fornitura dei pasti per gli utenti dell’istituto. Il presidente Rapisarda, però, rimanda al mittente le accuse. «Abbiamo un patrimonio apparentemente notevole ma di difficile gestione, fondi rustici affittati da vecchie amministrazioni a cifre irrisorie. Abbiamo avviato una gestione più trasparente dei fondi, espletando gare d’appalto a evidenza pubblica».
La Regione ha continuato a inviare i contributi, almeno fino a quando i bilanci sono stati approvati. «Per far quadrare i conti – scrive l’ispettore – sarebbero state create ad arte presunte alchimie, come l’inserimento di un’eredità di 111mila euro tra le entrate certe, mentre su di essa è ancora aperto un contenzioso che si trascina da anni». Nel lungo elenco di presunte irregolarità ci sarebbero anche incarichi amministrativi e tecnici assegnati a dipendenti del Comune di Catania.
Ma il presidente rivendica la bontà del suo operato. «Siamo l’unica Ipab a pagare con regolarità gli stipendi, perché non si fanno ispezioni sulle altre?». E ricorda come l’ispettore inviato dalla Regione abbia ricoperto per anni il ruolo di funzionario al riscontro (colui che deve effettuare controlli contabili per conto dell’assessorato, ndr). «E non ha mai eccepito nulla», sottolinea. Dietro le denunce, continua, potrebbero esserci interessi per il futuro centro per ciechi pluriminorati, cioè con ulteriori disabilità, che sarebbe tra i pochi nel Meridione. Una struttura che dovrebbe nascere all’interno dell’istituto e che nel 2008 ha ricevuto un finanziamento regionale di 800mila euro. Ma non è stata mai aperta. «Dopo molte difficoltà burocratiche, ora siamo pronti – afferma Rapisarda – ma forse questo centro fa gola a tanti, considerati i 35 posti di lavoro che creerà». Accuse e veleni su cui le autorità competenti potranno fare chiarezza.