Letizia Marcenò, la palermitana che produce banane «Bisogna sbracciarsi oggi e la terra ripaga dei sacrifici»

Giornate di lavoro massacranti certo, ma enormi soddisfazioni per Letizia Marcenò, che con i suoi due fratelli Stefano e Giovanni, porta avanti l’azienda di famiglia, la Valle dell’Oreto, che è la prima produttrice in Italia di nespole e banane.

Avere 26 anni e non sentirli. Nel senso che la sua vita non è certo quella di una comune 26enne. Lei, delegata provinciale Giovani Impresa di Coldiretti sicilia,  si sveglia ogni giorno all’alba e spesso anche alle tre del mattino, perché deve andare a lavoro, occuparsi della merce, caricare e scaricare, piantare, monitorare, raccogliere, vendere. Tutto quello che un’ azienda di frutta e agrumi, che lavora a certi livelli, richiede.

«Noi produciamo nespole già dal 1930 – racconta a Meridionews, Letizia -; poi, nel 2003, abbiamo creato Valle dell’Oreto. La produzione delle banane è arrivata in un secondo momento, sette anni fa, quasi per gioco. Infatti ne producevamo poche, giusto per “uso familiare”, finché un giorno non ho portato con me a Villa Sperlinga (in occasione del mercato Coldiretti, ndr), un casco delle nostre banane, e la gente è letteralmente impazzita e ha iniziato a richiedercele. Oggi abbiamo 700 piante e siamo i maggiori produttori in Italia a livello nazionale e industriale e vi assicuro che non è facile. Il pollone, ovvero il ramo su cui cresce il casco, dopo la raccolta muore, a meno che non venga tagliato e ripiantato. Le nostre banane poi le facciamo maturare noi, con metodi naturali ovviamente, e tutto questo richiede tempo» .

Una storia e un amore per la terra, lungo generazioni e la prima pianta di banane arrivò tanti anni fa, da oltreoceano: «Il bisnonno di mio papà – continua – faceva il trasportatore di agrumi in America e una volta, di ritorno da uno di questi viaggi portò una pianta. Sì, l’abbiamo nel sangue. 

Come si fa con il clima che abbiamo nella nostra città? Certo non è semplice, la nespola è molto delicata e non vuole troppo freddo, così come la banana che è un frutto tropicale. Fin ora non abbiamo avuto problemi, anche se quest’anno ce la siamo vista brutta a causa della nevicata che ha colpito Palermo, non con le nespole, che sorprendentemente sono venute fuori buone e saporite ugualmente, ma con le banane sì. Un grosso danno – aggiunge –, anche esteticamente; infatti per i catering ci vengono richiesti sia i frutti che le foglie delle banane che sono decorative, perché grandi e robuste e invece sono venute fuori piccole e rugose e questo poi per la vendita chiaramente incide. Ma i rischi li mettiamo in conto».

Letizia definisce la sua azienda di via Villagrazia, un polmone verde della città, con verde storico e del quale è soddisfatta al 100 per cento. Solo di nespole, sono sei gli ettari coltivati. Le banane, 700 piante, sono coltivate in punti diversi dell’orto perché molto dipende dal vento e dal calore che arriva. In un anno sono circa 600 i caschi prodotti.

Eppure, nonostante sia l’unica azienda produttrice in Italia di banane, non vi è una distribuzione del loro prodotto nel resto del paese. Se nelle altre città d’Italia vogliono le banane, si riforniscono all’estero, da Chiquita ad esempio.

«Noi facciamo solo vendita diretta, con Coldiretti. Perché? Perché manca il quantitativo per poter soddisfare eventuali richieste da tutto il paese e in questo momento non potremmo certo competere con le grandi distribuzioni estere che fanno questo da una vita – spiega ancora Letizia -. Certo mi piacerebbe e ci pensiamo spesso ad “espanderci”, motivo per cui dalle sue piante iniziali, adesso ne abbiamo 700, ma non è semplice proprio per il lavoro richiesto, il tempo e il numero di caschi prodotti. Ad ogni modo le soddisfazioni sono grandi e al momento va bene così. Il mio motto? E’ inutile piangersi addosso. E’  il momento di sbracciarsi e ritornare alle nostre radici, la nostra terra, che è l’unico settore oggi, che può dare frutti e ricchezza e che ti ripaga delle fatiche, in tutti i sensi. Io vita da 26enne non ne faccio, chi crede di volere arricchire senza fare sacrifici si sbaglia di grosso. Non si può davvero avere idea dei sacrifici che ci stanno dietro ad un lavoro del genere, se non lo fai. Ogni volta che spunta un casco di banane, per me è un miracolo, lo guardo e mi emoziono». 


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