Un'intricata vicenda burocratica che inizia negli anni '90 e che è diventata nota oggi, con il sequestro di un terreno in zona Telegrafo Vecchio. In questi giorni, negli uffici della società idrica si cercano documenti che possano spiegare perché la struttura che doveva essere dell'azienda in realtà pare non sia mai stata accettata dalla stessa
Monte Po, il mistero delle vasche col tetto in amianto Sidra: «Non abbiamo mai considerato nostro l’impianto»
Una distesa di amianto le cui responsabilità sembrano perdersi tra le maglie della burocrazia. E del tempo. È quanto emerge all’indomani del sequestro del terreno in zona Telegrafo Vecchio, a Monte Po, dove il corpo forestale regionale ha messo i sigilli a un’area con tre vasche per l’acqua interrate – larghe 50 metri e profonde sette -, ma soprattutto le loro coperture in amianto, ormai frammentate e sparse. Secondo gli investigatori, il terreno risulterebbe nella disponibilità della Sidra, l’azienda al cento per cento partecipata dal Comune di Catania che si occupa della distribuzione idrica in città e in alcuni Comuni della provincia. Ma la ricostruzione dei fatti che hanno portato la procura a indagare oggi su un eventuale inquinamento ambientale comincia più di trent’anni fa ed è ancora misteriosa per gli stessi uffici dell’azienda.
«Fino alla settimana scorsa non sapevamo nemmeno che lì ci fosse rischio per la presenza di amianto deteriorato, perché Sidra non ha mai ritenuto l’impianto disponibile», spiega Osvaldo De Gregoriis, neo direttore generale Sidra. La storia ricostruita da De Gregoriis comincia all’inizio degli anni ’90, quando il «Comune di Catania o forse l’ex Acquedotto municipale espropria le aree e le consegna al Genio civile per realizzare le opere. A occuparsi dei lavori sembra essere un’impresa poi posta in amministrazione controllata – continua il direttore -. E, tra i nostri documenti, non risultano al momento atti secondo cui l’azienda ha assunto in carico l’impianto, che quindi risulterebbe ancora nella disponibilità del Genio civile e mai inserito nel circuito gestionale». Da giorni, De Gregoriis ha messo al lavoro i dipendenti della Sidra alla ricerca di documenti utili. Ha chiamato ex direttori e dirigenti in pensione. «È passato tanto tempo e sono cambiati molti amministratori», continua.
Del terreno – non iscritto nel patrimonio della società né inserito nel circuito sicurezza dei lavoratori dell’azienda – risulta solo un atto del 2005, «quando la Sidra ha volturato a se stessa tutte le proprietà del Comune riguardo agli acquedotti, tra cui questa». Una struttura più che utile perché «con delle vasche da 45mila metri cubi d’acqua, potremmo mirare a fornire acqua in pressione in tutto il centro storico della città di Catania». Per questo il Comune di Catania ha inserito l’impianto tra quelli segnalati al governo nazionale come opera non completata «per chiedere un finanziamento – spiega De Gregoriis – disponendo già Sidra di un progetto esecutivo». Il futuro delle vasche, qualora ci fosse la disponibilità economica, sarebbe simile a quello di una delle vasche in zona Fossa della Creta. Anche quelle con un intricato iter simile alle gemelle di Monte Po, ma di cui una è stata sistemata e collaudata dalla Sidra e ora fornisce il servizio idrico nelle zone di Ognina, Picanello e via del Rotolo.