Il Presidente di Confcommercio Palermo ribadisce che quanto sostenuto dal delegato di Confindustria per la Legalità, ovvero che il 90% degli esercenti paga il pizzo, non risponde al vero. E con Meridionews tira le somme di un anno pessimo per il settore: «Chiudono le aziende che davano lavoro, aprono quelle che non assumono»
Estorsioni, parla Helg: «Todaro smentito da Addio Pizzo» Il 2014? «Drammatico per il commercio, anche se nascono più imprese»
Una polemica al vetriolo su un tema alquanto scottante. E’ quella che ha visto schierati, l’un contro l’altro armati, il Presidente di Confcommercio Palermo, Roberto Helg e il delegato alla Legalità di Confindustria Palermo, nonché esponente di Addio Pizzo, Giuseppe Todaro.
Casus belli: il pizzo. Secondo l’esponente degli industriali palermitani, nel salotto buono del capoluogo siciliano, il 90% dei commercianti, ancora, lo paga. Analisi che ha suscitato l’immediata reazione di Helg che lo ha smentito «categoricamente» e lo ha praticamente accusato di cercare la ribalta mediatica. Da qui un duello a colpi di comunicati stampa dai toni accesi e pungenti di cui vi abbiamo raccontato qua.
Ma come è finita? E’ stata siglata una tregua? Restano le divisioni? Lo abbiamo chiesto al Presidente di Confcommercio.
Dottor Helg, ha sentito Todaro dopo le polemiche dell’altro giorno?
«Non ho sentito nessuno, per quanto mi riguarda non avevo motivo di cercare nessuno. Ho detto la verità e la ribadisco: smentisco categoricamente che quanto detto da Todaro risponda al vero. Ha preso una cantonata. Tant’è che Confindustria si è affrettata a precisare che si parlava di una indagine specifica, non in generale. E comunque è stato smentito anche da Addio Pizzo».
A che cosa si riferisce?
«Mi riferisco alle dichiarazioni del Presidente di Addio Pizzo, Daniele Marannano secondo il quale è del tutto inverosimile che il 90 per cento degli esercizi commerciali paghi il pizzo. E ciò grazie non solo all’azione repressiva ma anche ad un rinnovato contesto sociale. Altro motivo, come avete scritto anche voi, la crisi economica che rende meno appetibile il racket delle estorsioni».
Insomma, questo round l’ha vinto lei..
«No, guardi non c’è nulla da vincere. Sono sempre convinto che l’unione è assolutamente necessaria per vincere contro ogni forma di illegalità. La battaglia a chi è più bravo non serve a niente».
Ma quale è la situazione reale secondo lei?
«Certo non possiamo dire di avere vinto la guerra. Ma gli stessi magistrati dicono che se in tutta la Sicilia si ottenessero i risultati che ha ottenuto Palermo nella lotta al racket sarebbe sicuramente un grande passo in avanti. Noi non ci siamo mai arresi e siamo pronti ad andare lì dove serve per incoraggiare gli imprenditori. Ad ottobre il nostro gazebo per la legalità era a San Lorenzo, quartiere che, con le recenti inchieste, è diventato un po’ il simbolo del racket delle estorsioni. Bisogna andare avanti, lo ripeto, uniti».
Non possiamo non chiederle come si chiude il 2014 per il commercio palermitano.
«Un disastro. Non ci sono altre parole per descrivere quello che è successo a Palermo nel corso di quest’anno. E vedo male anche il 2015. La crisi è acuta, la burocrazia continua a creare ostacoli, non vedo nulla di buono».
Quindi il bilancio ci parlerà ancora una volta di un alto tasso di mortalità delle aziende?
«Avremo le cifre ufficiali a fine Gennaio. Ma credo che non sarà così. Penso che registreremo più aperture che chiusure, ma non significa che sia una buona notizia».
In che senso?
«Il problema è diminuire la disoccupazione. Che è a livelli tragici anche in questo settore. Se apre una azienda che non assume, mentre ne chiude una che aveva 150 dipendenti, il saldo è negativo comunque».
Ed è quello che sta succedendo?
«Si. Perché nascono sempre più negozi che sono solo un modo per trovare una occupazione. Le faccio un esempio: un padre che ha un figlio disoccupato, decide di investire il tfr per aprire una attività commerciale da dargli in gestione. Questo tipo di negozi non solo non assumerà nessuno, ma con ogni probabilità, chiuderà nel giro di due anni perché non c’è il know how necessario per reggere il mercato».
Ultima domanda: la fusione della Camera di Commercio di Palermo con Enna. A che punto siamo?
«A Gennaio manderemo tutta la documentazione al Ministero dello Sviluppo economico. Vogliamo dare un segnale chiaro al Governo nazionale e cioè che anche in Sicilia è in atto un processo di razionalizzazione degli enti camerali. Ma per rendere effettiva questa fusione di tempo ne passerà. Il Governo deve ancora dare indicazioni sul rinnovo dei consigli e su altre questioni, ma penso che il tema, viste le scadenze politiche come le nuove elezioni per il Quirinale, al momento passerà in secondo piano».