Ieri sera il trio di cantautori romani ha chiuso il tour al Palasport della cittadina ionica. Un concerto intimista ma entusiasmante, una carezza al disagio sociale e lavorativo della società attuale, senza mai scadere nella noia né tanto meno nella banalità. Guarda le foto
Il padrone della festa, l’ultima tappa ad Acireale Contenuti e leggerezza: Fabi, Silvestri e Gazzè incantano
Ci pensavano già da tempo, avevano promesso di lavorare insieme e non hanno deluso le aspettative: Niccolò Fabi (romano doc, classe 1968), Max Gazzè (origini siciliane, ma anche lui romano doc; classe 1967), Daniele Silvestri (romano doc, classe 1968). Sarà che «so’ testardo, chè io so’ uno che, comunque vada le promesse le mantiene..anche se poi nemmeno mi conviene..molto», canta Silvestri in Testardo (Occhi da orientale, 2000), brano riproposto all’interno del tour. Eppure, a considerare l’entusiasmo con cui il pubblico ieri li ha accolti al Palasport di Acireale, sembrerebbe che mantenere questa promessa ai tre autoctoni della capitale sia proprio convenuto: veri Padroni della Festa, protrattasi ininterrottamente per tre ore. Una festa che non ha soltanto divertito, ma anche commosso, toccato, fatto riflettere.
E, infatti, se c’è qualcosa che li accomuna oltre alla loro potente romanità, è il significato dei loro testi, socialmente impegnati ed esistenzialmente profondi (da Gino e l’Alfetta e Cohiba, di Silvestri a Il negozio di antiquariato ed E’ non è di Fabi, al Timido ubriaco e La favola di Adamo ed Eva di Gazzè).
Un concerto intimista ma entusiasmante, una carezza al disagio sociale e lavorativo della società attuale, cantato con delicatezza ed ilarità, senza mai scadere nella noia né tanto meno nella banalità. Un viaggio nei sentimenti, nei rapporti, negli affetti, insomma nelle famose cose che contano, ricordando quanto esse restino inevitabilmente connesse alle opportunità concrete che la società (anche politica) ci concede. Per la serie: i conti – persino quelli affettivi – si fanno sempre col padrone: Il padrone della festa, appunto, pezzo che dà il titolo all’album.
Eppure il loro concerto lo avevano aperto esibendosi con il brano Alzo le mani, quasi avvertendo «io non suonerò mai così, posso giocare, intrattenere, far tornare il buon umore o lacrimare, ma non suonerò mai così… non è solo una cosa diversa una battaglia persa». Ma, a chi c’era, la battaglia è sembrata decisamente vinta su tutti i fronti: per la sensibilità, per la gioia, per la performance, per la creatività.
Uno spettacolo che sazia: la fame di contenuto, così come quella di leggerezza. E che accende la speranza che Fabi, Gazzè e Silvestri canteranno per semprecosì.
Immancabili pezzi come Occhi da orientale e Salirò di Silvestri, Mentre dormi e Sotto casa, successi sanremesi di Max Gazzè, e Lasciarsi un giorno a Roma e Costruire, di Fabi. Quest’ultimo brano biblico, che doma la smania dell’attesa e ci ricorda che omettere i passaggi, evitare la fatica, eludere la routine ci impedirebbe di costruirequalunque cosa.
L’alternanza tra i propri singoli e quelli realizzati insieme lascia spazio anche agli amici musicisti, resi degni del medesimo saluto dei cantanti, tra cui l’amico Roberto Angelini (ovviamente romano doc), autore qualche anno fa di alcuni successi radiofonici come Gatto Matto.
Impossibile non essere d’accordo, dopo tre ore volate come in un minuto, con i versi di Life is sweet: «continuare non è soltanto una scelta ma è la sola rivolta possibile». Primo singolo del cd realizzato nel 2014, il video della canzone è stato girato in Africa, sottolineando che sono proprio le difficoltà più estreme a ricordare la dolcezza della vita. ll brano incarna perfettamente lo spirito dell’intero concerto: profondità, consapevolezza e speranza.