E quindi hanno fatto, tipo, un convegno per il centenario della nascita di Manlio Sgalambro. Come la chiamano? Ah ecco: una giornata di studi. Una giornata di studi? Una giornata? Al teologo che voleva «fedeltà assoluta nello Spirito» mentre della carne non gli importava niente? Una giornata, a un teologo di cui o apprendi tutto […]
L’imbarazzante giornata per il centenario di Manlio Sgalambro: tra giornaletti, vermi e soldi pubblici
E quindi hanno fatto, tipo, un convegno per il centenario della nascita di Manlio Sgalambro. Come la chiamano? Ah ecco: una giornata di studi. Una giornata di studi? Una giornata? Al teologo che voleva «fedeltà assoluta nello Spirito» mentre della carne non gli importava niente? Una giornata, a un teologo di cui o apprendi tutto o meglio niente? E poi, aspetta che ho letto una cosa rabbrividente, dov’era? Eccola. Virgoletto (speriamo che le virgolette possano segnare la netta distanza tra me e queste parolacce: uso le virgolette come se indossassi un preservativo): «Una articolata comparazione tra filosofia e letteratura». Mariamariamaria! Ma che non lo sanno cosa ne pensava Manlio (oramai è più giovane di me e gli do del tu) di filosofia e letteratura? Lui era un teologo. Punto. Quale filosofia e filosofia. Della letteratura, poi, diceva: «Bisogna leggerla di nascosto. Nel bagno. Come quei giornaletti» (anche se poi, con Anatol, ha raggiunto le vette di Kafka).
Ho letto, con gli occhi sgranati, che al convegno hanno partecipato professori di filosofia (mi stupisco di Giuseppe Raciti, che Manlio lo ha conosciuto) quando per Lui la filosofia era un sapere minore, una sorta di vulgata debolissima della teologia. I professori di filosofia, per Sgalambro, non dovevano pensare. Glielo avrebbe vietato pena scudisciate se solo si fossero permessi. Il compito della filosofia delle Università (vedere Schopenhauer, se vi regge la pompa) era quello di tramandare nozioni. Avete presente un registratore? Ecco. Immaginatevelo con un intestino al posto delle batterie. Fa un po’ più ribrezzo, ma meglio di niente. Tra lo splendore delle nozioni tramandate (un giorno, dovessi avere una cattedra, farei solo mandare a memoria) e la bolgia delle interpretazioni, Sgalambro non aveva dubbi. Solo il nozionismo di permettere di sapere TUTTA la filosofia e comprendere che altro non si può fare che passare oltre: affrontare Dio, prendere, per così dire, i Dogmi delle religioni, spezzarli a uno a uno, e dare la comunione della Fisica teorica. Sgalambro era un teologo: ossia un fisico teorico. Voleva sapere cosa c’era dopo la seconda legge della termodinamica (no, la «morte del sole» non era per niente, per NIENTE, una metafora, era letteralmente quello: la.morte.del.sole) e prima del Big Bang. O, come diceva lui in codice: «Rendere insopportabile la cosa, affinché l’allievo sappia in tempo cosa fare».
Così, tanto per dire, la laurea honoris causa non gli fu data. (Ma l’avrebbe voluta? In filosofia? Questa scienza da bar?) Ora, mi ha detto, se la sta spassando. «Come ti ho ripetuto sempre, caro Ottavio, la filosofia ama i cadaveri. Più che di pensiero filosofico bisognerebbe parlare di necrofagia filosofica. Adesso fammi una cortesia. Manda loro da parte mia quella citazione che mi sta così cara». «Quella di Hegel?». Manlio sbotta in quella sua risata brevissima e secca, come un scoppio di gioia. Eccovela: «C’è molto movimento. Ma è un movimento di vermi».
I miei distinti saluti a tutto il comitato della mennulata che ha organizzato la giornata.
P.s. C’è un decreto ministeriale (26 febbraio 2024 rep. 70), firmato digitalmente da Gennaro Sangiuliano, in cui si istituisce il Comitato (con la maiuscola, mi raccomando) nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Manlio Sgalambro.
Nel decreto si scrive:
Art. 3
1. Il Comitato nazionale elegge nel proprio seno il Presidente e il Segretario tesoriere.
2. Il Comitato nazionale può cooptare studiosi ed eleggere una o più Commissioni scientifiche per la predisposizione e l’attuazione dei programmi celebrativi; può, altresì, avvalersi della collaborazione di rappresentanti di altri Ministeri, delle Regioni, di enti locali e culturali per l’adozione delle varie iniziative.
3. Per i membri del Comitato nazionale non è prevista l’attribuzione di compensi, gettoni di presenza, indennità o emolumenti comunque denominati.
Art. 4
1. Il Ministero della Cultura designa, con successivo provvedimento, un revisore dei conti. Il compenso e il rimborso delle spese del revisore graveranno sui fondi assegnati al Comitato nazionale.
Così uno si domanda: come minchiolina compensano e rimborsano il revisore dei conti se al capoverso 3 dell’articolo 3 si scrive: «Per i membri del Comitato nazionale non è prevista l’attribuzione di compensi, gettoni di presenza, indennità o emolumenti comunque denominati»?
Vediamo. Ah ecco. All’art. 5 dello stesso decreto si precisa: «Il Comitato nazionale può ricevere contributi dalle Amministrazioni statali, dalle Regioni, dagli enti locali e da istituzioni e soggetti pubblici e privati».
E li hanno ricevuto questi contributi.
Vediamo. Ah ecco. Sì.
C’è una richiesta di finanziamento sottoposta al parere del Senato, chiesta da… Gennaro Sangiuliano.
Sangiuliano toglie, Sangiuliano dà.