A Roma gli stati generali contro la criminalità Don Ciotti: «No all’antimafia fatta di parole»

«Corviale? È un po’ come Librino». Ecco la periferia di Roma spiegata a una catanese. Pochi mezzi pubblici, palazzoni grigi, assenza di servizi. Ma anche criminalità diffusa accanto ad attività di recupero giovanile attraverso lo sport: il rugby – proprio come a Librino con la squadra dei Briganti – ma anche il calcio. Uno scenario che si sta popolando di giovani da tutta Italia. Con i sacchi a pelo disposti più o meno ordinatamente sul parquet della palestra del Campo dei miracoli, le chitarre e gli accappatoi stesi ovunque ad asciugare. Riuniti nella tre giorni – più l’anticipazione di ieri – di Contromafie, gli stati generali dell’antimafia organizzati da Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Un evento alla sua terza edizione e a cui sono previste tremila persone, tra ragazzi, relatori e pubblico dei seminari che si alterneranno fino al 26 ottobre nella Capitale. L’inizio, nell’anticipazione di ieri, si è svolto tra una seduta plenaria al mattino in cui è intervenuto anche il presidente di Libera don Luigi Ciotti e i seminari tematici del pomeriggio.

Divisi in gruppi di lavoro, i ragazzi hanno lavorato insieme ai relatori per tirare fuori diverse proposte da far presenti ai legislatori. Nel seminario dedicato all’informazione, guidato dal giornalista Stefano Lamorgese di Rai News 24 e coordinato da Norma Ferrara di Libera, sono intervenuti Paolo Lattanzio di Radio Kreattiva di Bari e CTzen, rappresentato da chi scrive. Alla fine del dibattito, tra le proposte dei ragazzi spicca un’esigenza: un’educazione all’informazione che parta dalla scuola, senza arenarsi – com’è oggi – in un’asettica lettura dei quotidiani condotta in qualche classe italiana. «Io sono qui per caso, non faccio parte di Libera, mi ha portato un’amica – spiega uno studente torinese di Giurisprudenza che si trattiene dopo il seminario per una lunga chiacchierata, nonostante il forte vento – So che nella vita vorrei fare il magistrato ma oggi, sentendo tutte queste esperienze e vedendo i miei coetanei così attivi, non riesco a smettere di pensare. E di provare il desiderio di impegnarmi in qualcosa».

Ed è proprio un clima di impegno quello che si respira al Campo dei miracoli, la struttura sportiva di Corviale che fa da base a Contromafie. «Questo posto una volta era distrutto e abbandonato. Quattro anni e mezzo fa è stato riqualificato dai volontari – racconta il padrone di casa, Massimo Vallati, presidente di Calciosociale che, insieme, alla moglie, ha coltivato il sogno di un centro sportivo in un quartiere difficile – Il tetto è fatto con legno scartato che doveva essere bruciato. Scartato proprio come a volte ci sentiamo noi, ma in questi casi c’è una comunità a darti una mano». E quel tetto, simbolo del riscatto, è venuto così bene da meritare anche un premio di Bioarchitettura. «Ma questo è solo un inizio, verso la legalità e il cambiamento di questo quartiere e di questo quadrante di Roma. Serve un progetto da portare avanti insieme, perché da soli si perde», conclude Vallati. A dare forza alle sue parole è la lettera dei bambini di Corviale che con parole semplici descrivono la loro vita quotidiana. All’ombra del «palazzo più lungo del mondo» – un casermone che si estende quasi per una intera strada -, in una zona dive «bruciano le macchine, minacciano le persone ed è tutto sporco – raccontano i più piccoli – Noi chiediamo solo di poter giocare. Voi grandi lo chiamate legalità e sicurezza e noi abbiamo scritto questa letterina per farvi sapere che per noi è un problema».

«Per noi è importante sapere che fuori dai palazzi di giustizia c’è chi costruisce legalità e passione civile. Perché il rischio dei magistrati è di essere autorefenziali», commenta Valerio Savio, vicepresidente dell’associazione nazionale magistrati che ricorda come «la legalità non sia una vicenda che ha a che fare con le parole». E che combatte un nemico dalle diverse forme, come sottolinea Raffaele Cantone, presidente dell’autorità nazionale anticorruzione. «In poco più di 20 anni è stato fatto un miracolo: una battaglia culturale che ha reso le mafie impossibili da scusare, quando prima erano considerate quasi un bene – spiega – Adesso però bisogna fare lo stesso lavoro contro la corruzione, che è quella che crea quartieri come questo». Un problema che riguarda non solo le pubbliche amministrazioni, ma soprattutto i cittadini su cui ricadono servizi spesso scadenti e affidati secondo logiche diverse dal bene collettivo. «E questa battaglia va condotta proprio stimolando i cittadini, altrimenti da soli non ce la faremo mai», conclude Cantone.

«A metà anni ’90 abbiamo raccolto un milione di firme per confiscare i beni ai mafiosi e ai corrotti, ma nella legge hanno tolto l’ultima parte», risponde don Luigi Ciotti, presidente di Libera, a cui è affidata la conclusione della plenaria che apre la giornata d’anticipazione della tre giorni di Contromafie. «Ci sarà sempre una quota di presenza criminale, ma non questa. Non è possibile e devono saperlo tutti – dice rivolto alla platea di giovani – Ragazzi, vi prego, non chiediamo alla politica e alle istituzioni di fare la loro parte, se noi non facciamo la nostra». Ma con i fatti. Perché «è troppo cresciuta un’antimafia fatta di parole, conformista, che si accontenta delle verità ufficiali – tuona il presidente – Abbiamo tanti parolai, anche dentro Libera, sì, può succedere». Quello che serve allora, secondo don Ciotti, è un’azione innanzitutto individuale basata su tre parole d’ordine: «Continuità, condivisione e corresponsabilità». A partire dalla tre giorni che fa base a Corviale, conclude, dove «ho trovato quella che è la sana follia che auguro a tutti voi».


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Nella Capitale per tre giorni si incontreranno in tremila tra giovani, relatori e pubblico nel corso di Contromafie, evento organizzato dall'associazione Libera. Nella giornata preliminare, ieri, i ragazzi hanno lavorato a una serie di proposte da presentare ai legislatori e al panel dedicato all'informazione ha preso parte anche CTzen. A fornire le linee guida è il fondatore dell'associazione, don Luigi Ciotti: «Continuità, condivisione e corresponsabilità»

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