All’albero ignoto di villa Trabia ovvero la casena dei Trabia alle terre rosse

DOPO GLI SPLENDORI BOTANICI CURATI DA VINCENZO OSTINELLI, L’INCURIA E L’ABBANDONO DI OGGI NONOSTANTE UN PERSONALE NUMEROSO ED EVANESCENTE IMPIEGATO

di Aldo Di Vita

Palermo la città giardino per eccellenza un’arte antica tramandata fin dal periodo Islamico e poi Normanno, con i suoi grandi e piccoli parchi estesi in tutta la conca d’oro. Arte poi tramandata in periodi recenti dal xv sec. al xix sec., con i meravigliosi giardini all’italiana, supportati dallo studio della botanica che videro fiorire una serie di giardini pubblici con alberi e piante di ogni specie.

Ma ahimè ben poco é rimasto di tanta magnificenza, allo stato attuale il patrimonio floreale del verde pubblico urbano é ridotto in condizioni di mediocrità preoccupante. Ad eccezione dell’orto botanico di Palermo anche se con seri problemi di gestione economica.

Il nostro parco Trabia vive oggi la sua peggiore stagione e quello che fu uno dei più bei giardini della Palermo felicissima, non rimane che poca cosa.

Nel palazzo all’interno del parco Trabia, (che fu dimora settecentesca delle nobili famiglie siciliane tra cui Giuseppe Lanza  Branciforti principe di Trabia e Butera), hanno sede gli uffici del comune di Palermo con ingresso da via Salinas.

Le condizioni del parco lasciano molto a desiderare, il suolo tranne in piccoli spazi e desertificato perché quasi in tutta l’area manca il prato verde all’inglese e al suo posto è rimasto terriccio arido e polveroso che lo rende fastidioso nei giorni di forte vento e fangoso dopo un temporale.

Le statue presenti nel parco un tempo erano numerose, oggi in parte non sono più esistenti e ciò che rimane e stato vandalizzato, delle fontane e dei laghetti non rimane nulla tranne che ruderi, la totalità delle altre strutture é in totale abbandono le banchine in maggioranza sono semi distrutte l’illuminazione e inesistente o fuori uso, le due antiche serre che contenevano molte varietà di orchidee e piante oggi sono vuote e abbandonate o utilizzate come magazzino degli attrezzi per la cura del parco. La manutenzione ordinaria è ridotta all’essenziale e di bassa qualità, riguardo alla manutenzione straordinaria è inesistente per quanto si attiene all’intero parco ad eccezione  di una bellissima antica fontana da poco restaurata che rappresenta il tritone Glauco circondata da Putti opera eseguita da Filippo Pennino allievo della scuola del Marabitti alla fine del secolo XVI.

Il parco è diviso in due parti da un ponte in stile barocco e sotto di esso passa la via Piersanti Mattarella, il ponte è anch’esso in pessime condizioni e parte delle ringhiere sono transennate per il cattivo stato che in alcuni punti è pericolante e mancano le condizioni di sicurezza.

Il ponte porta all’ingresso monumentale del parco, sulla cancellata spicca il leone rampante della famiglia Lanza, questo ingresso non é più entrata principale della villa perché preferito all’ingresso di via Salinas, dove c’è il palazzo settecentesco. All’interno del parco sono d’ammirare gli alberi esotici e una varietà di alte palme e gli enormi alberi ficus simili ai maestosi ficus che si trovano a villa Garibaldi in piazza Marina. In particolare sono rimasto colpito dalla visione di ciò che resta di un vecchio albero secolare mutilato in parte di tutti i suoi rami, al visitatore provoca meraviglia e stupore misto a un senso di tristezza e amarezza che somiglia al risveglio di un brutto sogno interrotto simile a un incubo. Ogni cosa e certificata da immagini fotografiche che comprovano ogni parola di questa mia attenta analisi.

Cenni storici:

La storia di questo parco ha inizio nei primi del 1700, era allora presente una casa rustica con annesso un fondo delimitato da cinta muraria appartenente al convento di S. Francesco da Paola, alla meta del 1700 fu acquistato da Paolo Spinelli che trasformo in parte l’edificio rustico e il fondo in villa dando cosi il primo tocco di giardino. Nel 1771 la proprietà passa a Ottavio Gaetani e Lanza Marchese di Sortino e Principe di Cassaro, che aggiunse al giardino nuove specie botaniche, arredi, panchine, e un labirinto di aiole. In seguito la proprietà passa nel 700 da Ignazio Lucchesi Palli Principe di Campofranco, che costruì la Casena che poi avrà un’altra trasformazione.

Nell’anno 1809 la villa cambio ancora una volta possesso. Il Principe di Trabia e di Butera Giuseppe Lanza e Bracciforti lo acquistò per estinzione debitoria da parte da Ignazio Lucchesi Pallli.

Da allora la proprietà fu conosciuta come la Casena dei Trabia alle terre rosse. Il Principe di Trabia diede un nuovo volto a tutto il parco adottando, il metodo di giardino con Parterres geometrici tale da divenire nel corso del XIX secolo con la trasformazione preesistente della sua ordinata assialità in giardino romantico. Tra il 1886 e il 1903 l’architetto Giuseppe Patricolo restaurò l’edificio residenziale e costruì da un suo progetto le due serre oggi presenti nel parco compreso altre strutture come vasche laghetti e grotte. A occuparsi del giardino fu il capo giardiniere Vincenzo Ostinelli che con grande maestria nei decenni trasformo il parco in un vero proprio orto botanico di grande pregio con quasi 2800 specie alberi e piante differenti tra cui 286 specie di orchidee diverse, coltivate nelle due grandi serre in vetro e ferro battuto. In quel periodo nel parco dimorarono Gazzelle, Faraoni e tanti altri animali che scorazzarono liberi tra le piante esotiche e gli enormi ficus.

La dimora del Principe di Trabia è un edificio settecentesco in stile classico composto di un grosso corpo centrale a due livelli e da due ali laterali, geometricamente l’edificio ha una forma a u, all’interno e racchiusa una piccola corte al suo centro, si trova l’ingresso ai piani, su per le scale guardando in alto si trova lo stemma della famiglia Lanza Di Branciforti. La struttura molti anni prima era fornita da uno scalone che l’architetto Giuseppe Patricolo eliminò.

In questo splendido palazzo la nobile famiglia Trabia ospito personaggi illustri e di fama mondiale.

La Regina Elena di Savoia. Aristotile Onassis, Clark Gable, e tanti altri.

L’anno 1949 segnò la morte dell’ultima principessa dei Trabia e Butera Giulia Florio figlia del famoso armatore Ignazio Florio. A ereditare la proprietà del palazzo e del parco furono i due figli illegittimi Galvano e Raimondo avuti fuori dal matrimonio del Principe Giuseppe di Trabia.

Grazie all’intervento della Principessa Giulia Florio che fece domanda a Mussolini del riconoscimento del titolo nobiliare dei figli illegittimi e tramite una legge speciale fatta a doc fu riconosciuto il titolo nobiliare del Principato di Trabia e Butera di nome ma non lo fu, di fatto, per una piccola differenza formale.

L’ultimo periodo di questa piccola oasi di meraviglia fu gestito da don Raimondo uno dei due figli illegittimi che fu un amante delle belle donne e del gioco d’azzardo visse in un’atmosfera da belle epoque fu anche un pilota di auto da corsa e presidente della Palermo calcio, invento il calcio mercato e nella sua dimora ospitò gli agenti delle società calcistiche italiane.

Don Raimondo mori prematuramente all’età di anni trentanove in un albergo della capitale romana lanciandosi dal balcone per una forte delusione d’amore e perché ormai caduto in rovina. Il grande Mimmo Nazionale (Domenico Modugno volle dedicare una canzone al suo caro amico che divento un capolavoro della musica leggera italiana “Vecchio Frac”).

Per parecchi anni la villa e il parco rimasero chiusi e in abbandono mira degli sciacalli e dei vandali che distrussero gran parte del parco e delle sue strutture. Finalmente nel 1984 il comune di Palermo acquisì la proprietà del parco e del palazzo.

Il futuro di Palermo e nelle nostre mani e compito di tutti noi lavorare perche questa città ritorni al fasto glorioso di un tempo rivalutando le nostre ricchezze infinite ma per far questo occorrono amministrazioni politiche diverse da quelle che hanno per anni portato Palermo allo sfracello. E noi siamo più che mai responsabili delle scelte future perché possiamo ereditare ai nostri figli una Palermo artistica colta e civile che aprirà loro nuove realtà culturali economiche e lavorative.


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