Youth Guarantee/ Una dipendente chiede al presidente Crocetta il rientro di 1800 lavoratori nel bilancio regionale

A FIRMARE LA LETTERA E’ ADRIANA VITALE, OPERATRICE DEL PROGETTO SPARTACUS

In una lettera trasmessa al presidente della Regione, Rosario Crocetta, Adriana Vitale, operatrice ex ‘Spartacus’, ha lanciato l’appello al governatore della Sicilia per una immediata soluzione della vicenda. Nella lettera, la lavoratrice chiede al presidente della Regione, senza preamboli, di prendersi carico delle problematiche degli ex sportellisti per farli rientrare nel bilancio regionale.

Non risparmia le critiche al Ciapi di Priolo ed al suo operato drastico e rigido che ha fa pensare, a parere della Vitale, ad un disegno politico preciso dove ognuno recita la parte di un copione scarsamente confezionato.

Sono trascorsi tre mesi dal fatidico 22 aprile 2014, ultimo giorno di lavoro per gli ex sportellisti, assunti per sei mesi dal Ciapi di Priolo in seno al progetto denominato ‘Spartacus’, e nessuna soluzione definitiva è emersa per la loro ricollocazione. Sono oltre 1800 fermi al palo e con loro le politiche attive del lavoro in Sicilia. È paradossale ma nell’Isola non si eroga alcuna azione nel mercato del lavoro siciliano. Quanto durerà questo stato di illegalità? E soprattutto, per quanto tempo ancora gli operatori dovranno assistere inermi al ‘babbio’ di Governo, amministrazione regionale e Ciapi che si rimbalzano responsabilità sul fallimento nella gestione della vertenza lavorativa e nell’organizzazione dei Servizi per il Lavoro.

Riportiamo, di seguito, la lettera a firma di Adriana Vitale.

Egregio Presidente Rosario Crocetta,

abbiamo chiesto da tempo d’incontrarLa, siamo sempre noi, ex sportelli multifunzionali, oggetto di una vertenza ancora irrisolta. Magari qualcuno le riferisce che è tutto a posto, ma così non è.

Lei ha voluto una legge che avrebbe dovuto risolvere i nostri problemi, ma che è servita a poco. Hanno partorito un bando che di fatto cancella tutti i nostri diritti sudati e conquistati nel tempo. Sacrifici chiesti solo ai poveri cristi, per rimediare a un danno causato da ingordi che ovviamente oggi non rinunciano a nulla, continuando ad ingrassare il loro putrido ventre.

Sono trascorsi tre mesi e siamo senza lavoro e senza supporto al reddito, tre mesi di interminabili incontri, tavoli, chiacchiere dove i protagonisti, come nel gioco dell’oca, hanno fatto un passo avanti e due indietro e noi, come in un balletto, a sopportare la frustrazione continua dettata da false illusioni, in un continuo susseguirsi di speranze puntualmente tradite da chi si fa sordo e muto. In un continuo gioco al massacro, dove nessuno sente il grido di dolore, adoperando con maestria l’arte del perder tempo, “Addimura”, ma il nostro tempo è abbondantemente scaduto.

Il Vertice del Ciapi, non curanti delle richieste dei lavoratori, delle sigle sindacali e finanche delle indicazioni dell’amministrazione regionale, va per la sua strada e questo ci fa pensare ad un disegno politico preciso dove ognuno recita la parte di un copione scarsamente confezionato. Altrimenti si sarebbero presi provvedimenti drastici verso chi si fa beffe e gioca sul pane dei nostri figli.

Presidente, così operando, si butta l’acqua sporca con tutto il bambino e se questo bambino morirà, con lui moriranno le famiglie, senza contare il danno economico nel tessuto sociale.

Aspettavamo un suo segnale, un suo atto d’imperio che non è avvenuto. Mi duole ammetterlo, ma in questa vicenda ognuno ha recitato una parte degna delle migliori farse napoletane.

Noi avevamo compreso il suo agire ed eravamo con Lei. Adesso abbiamo compreso che il prezzo più alto della sua rivoluzione lo stiamo pagando noi. La “macelleria sociale”, locuzione da Lei coniata come una peste da evitare, si è letteralmente abbattuta su di noi con una violenza inaudita.

Avete lasciato migliaia di lavoratori in mezzo alla strada senza neppure onorare le spettanze che avrebbero consentito di far respirare, in un momento tragico, le nostre famiglie.

La nostra situazione era già drammatica l’anno scorso, eravamo senza prospettive future e soffrivamo insieme alle nostre famiglie le ristrettezze economiche che ci venivano imposte dalle mancate retribuzioni, ristrettezze che ancora subiamo.

Giorno dopo giorno ci siamo recati al lavoro affrontando costi e togliendo dal già misero bilancio familiare persino le spese per spostarci. Con dignità, con il sorriso stampato in viso e spesso nell’ascoltare tragedie umane, abbiamo cercato di consolare, capire, dare una parola di conforto con la morte nel cuore e con la consapevolezza di essere in condizioni peggiori di chi cercava in noi una speranza.

Si sono fatti tanti proclami, c’è stato detto in lungo e in largo di stare tranquilli, adesso scopriamo tutto un altro film. Hanno snocciolato numeri, risultati, riservandoci un laconico e marginale grazie, come se il merito del lavoro svolto a “mani nude” fosse di qualcun altro.

Peggio della carne da macello! Sarebbe stato più dignitoso non nominarci affatto. In questi mesi di disperazione ci siamo spesi umanamente nei confronti dei colleghi psicologicamente più fragili per paura che potessero commettere atti irrimediabili. Abbiamo cercato di sollevare l’animo di chi pensa di trovare la soluzione solo in un gesto estremo (abbiamo subito troppi lutti), confortandoli con parole di speranza e distribuendo ottimismo ed entusiasmo a piene mani. Confortati da chi stava ‘incessantemente lavorando per noi’ e diceva con convinzione che avremmo lavorato ‘senza soluzione di continuità’. Ne subiamo adesso anche il sarcasmo, come si suol dire: ‘il danno oltre la beffa’.

Questo è il ben servito per noi che abbiamo creduto fino all’ultimo nella nostra professionalità, un bando tappa buchi che ci farà lavorare per un mese e forse alcuni fino a sei mesi.

È questa la soluzione pensata per noi?

Noi non siamo nemmeno una categoria, noi siamo merce preziosa che tutti vogliono, per i loro miserabili scopi, e che nessuno si prende.

La media del nostro servizio è di circa 30 anni, nel quale periodo ci siamo sempre evoluti e aggiornati, molti di noi sono stati riqualificati con fondi regionali e successivamente utilizzati presso i Centri per l’impiego per ottemperare alle leggi nazionali e regionali in materia di Politiche Attive del Lavoro. Con detti Centri si è instaurata una reciproca e fattiva collaborazione, innalzando la qualità dei servizi.

La nostra odissea è iniziata nel 2010 con il governo Lombardo e il benestare delle sigle sindacali più rappresentative. La nostra fuoriuscita dal bilancio regionale ha massacrato le nostre vite e decretato la nostra fine. Scelta politica che ha liberato le risorse, ma non per una politica di rigore e di risparmio, ma per assegnarle ad “altro” e creare un bacino di elettorato fresco.

Un onorevole esponente di sinistra, la stessa sinistra che si fregia di avere l’esclusiva della cultura e del benessere sociale, si è permesso di dirci che da parte nostra non avevano più voti, ragione per la quale si disinteressa di noi.

Ci dica, Presidente, questo è un politico degno di tale nome? La politica è tutt’altra cosa, è servizio e abnegazione, è operare scelte che vadano a vantaggio della più ampia platea di cittadini, ma certamente non dobbiamo spiegarlo a Lei cosa vuol dire politica.

E’ stata operata una campagna mediatica contro di noi, un giorno si e l’altro pure, ci viene rinfacciato di non aver fatto un concorso e di essere stati cooptati. È vero, ma il sistema era questo e su questo lavoro abbiamo costruito le nostre famiglie e il nostro progetto di vita. Non è concepibile cancellare un’intera categoria di lavoratori per far espiare loro chissà quali colpe!

Che la politica se ne faccia carico e risolva questo spinoso problema.

Ci ridia la serenità perduta che potremo ritrovare solo:

– Quando lavoreremo senza doverci inventare il “come” e il “dove” e senza dover usare i nostri mezzi.

 – Quando, dopo un mese di lavoro, nel quale avremo messo professionalità e impegno, verremo regolarmente retribuiti.

 – Quando non dovremo più urlare in piazza per ottenere quello che ci spetta di diritto.

– Quando non dovremo più vergognarci di guardare i nostri figli negli occhi.

– Quando non vedremo più mariti o mogli abbattuti.

– Quando non dovremo più umiliarci per chiedere aiuto.

– Quando non dovremo più fare i salti mortali per onorare i nostri impegni.

– Quando non dovremo più cercare nelle tasche delle giacche con la speranza di trovare qualche spicciolo.

Ormai la corda si è rotta Presidente e non ci interessa più un bando “tappa buchi” che neppure li tappa. Adesso le chiediamo di prendersi carico delle nostre problematiche e di farci rientrare nel bilancio regionale.

Non costiamo molto per la Regione, all’incirca 50 euro dei nostri bilanci familiari e in cambio offriamo un servizio eccellente.

Ormai la situazione si è avvitata su se stessa e solo Lei può scioglierla. Presidente faccia ciò che va fatto, ci dimostri che Lei è fuori da giochi machiavellici. Tiri fuori dal pantano migliaia di famiglie che sono allo stremo delle loro forze.

Ridia la serenità e il sorriso ai nostri figli.

Grazie dell’attenzione.

Adriana Vitale


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