«Lei era consenziente, anzi si è offerta lei per prima». Lei è la 13enne vittima dello stupro di gruppo alla villa Bellini di Catania avvenuto nel tardo pomeriggio del 30 gennaio. A pronunciare questa frase, nel corso delle dichiarazioni spontanee durante l’incidente probatorio di ieri mattina, è stato uno dei sette ragazzi accusati di averla violentata nei […]
Foto di Dario De Luca
Stupro di gruppo alla villa Bellini, la versione di uno dei sette indagati ai giudici: «La 13enne era consenziente»
«Lei era consenziente, anzi si è offerta lei per prima». Lei è la 13enne vittima dello stupro di gruppo alla villa Bellini di Catania avvenuto nel tardo pomeriggio del 30 gennaio. A pronunciare questa frase, nel corso delle dichiarazioni spontanee durante l’incidente probatorio di ieri mattina, è stato uno dei sette ragazzi accusati di averla violentata nei bagni pubblici. Dietro la porta, tenuto fermo, c’era il fidanzatino 17enne. Nel corso delle indagini, però, è già emerso con chiarezza il secco rifiuto opposto dall’adolescente. Già in programma per il mese scorso, l’incidente probatorio era poi saltato per un difetto di notifica. Dietro il vetro oscurato invertito di un’aula al terzo piano del tribunale dei minorenni di Catania, ieri ci sono state le audizioni protette delle due vittime.
A fare le domande ai due minorenni, che sostanzialmente hanno ribadito la versione già raccontata di quanto accaduto, sono stati i giudici per le indagini preliminari. Questo non prima che venisse sciolta la riserva sulla loro capacità di testimoniare. In particolare quella del ragazzo: per lui, infatti, era stata disposta una perizia per accertarne le condizioni psico-fisiche prima e dopo il trauma subito. Non solo l’ultimo per avere assistito alle violenze della fidanzatina, ma anche alcuni precedenti dovuti a episodi in cui era stato vittima di bullismo. Una capacità che è stata confermata dalla relazione presentata dalla neuropsichiatra infantile e dalla psicologa che con lui hanno avuto diversi incontri. Nell’aula tutti e sette i giovani egiziani indagati erano presenti insieme ai loro avvocati e accompagnati anche da interpreti di lingua araba e da tutori per i minorenni.
Con l’incidente probatorio – che è stato registrato e in parte anche videoripreso – si è formata la prova che potrà essere utilizzata durante il processo senza la necessità che le due vittime vengano chiamate a testimoniare nel corso del dibattimento. Una tutela garantita a vittime e testimoni «in condizioni di particolare vulnerabilità per la minore età e per la spiccata gravità dei fatti». Stando a quanto emerso dalle indagini, i due sarebbero stati accerchiati dal gruppo all’uscita dai bagni di villa Bellini. «Avevo sentito rumori provenire dall’altro bagno», aveva raccontato agli inquirenti il 17enne che non si era reso conto di essere stato filmato in atteggiamenti intimi mentre si era appartato con la fidanzatina. Lei sarebbe stata decisa a ignorare il video per essere lasciata in pace; lui, invece, avrebbe insistito perché lo cancellassero offrendo in cambio i pochi soldi, sigarette e un power bank. «Io sono pazzo, posso ammazzarti, posso spaccarti il culo», si sarebbe sentito rispondere da uno dei ragazzi.
Immobilizzato dietro la porta di uno dei bagni del giardino pubblico più importante del capoluogo etneo, dove la 13enne sarebbe stata violentata a turno da due ragazzi, il 17enne sarebbe stato minacciato di morte e aggredito con calci, morsi e spintoni. «Ero impanicata (spaventata, ndr) – aveva raccontato l’adolescente – Tentavo di respingerlo, ma la sua resistenza era maggiore della mia». Dietro la porta del bagno chiusa con il chiavistello, avviene la violenza. La prima. «Dicevo “Basta!”, chiedevo di smetterla ma non riuscivo a urlare». Esce uno, entra un altro. «Ero bloccata con le spalle al muro, lui tremava ed era contento». Solo un momento di distrazione del giovane, avrebbe consentito alla 13enne di liberarsi, uscire dal bagno e scappare insieme al fidanzatino verso la scalinata all’ingresso di villa Bellina per chiedere aiuto e chiamare i soccorsi e le forze dell’ordine. Adesso, bisognerà attendere la decisione da parte degli indagati e dei loro legali su quale rito scegliere per il processo.