Ogni anno il 5 gennaio i cittadini di Catania si riuniscono alle 17 nel luogo dove fu ucciso Giuseppe Fava. Pochi giovani, nessuna istituzione, tanto silenzio
Nessuna immagine per il silenzio della lapide
Nessuna foto a corredo di questo pezzo. Nessuna foto a corredo del silenzio di una lapide appesa al muro. Di un 5 gennaio che ritorna da 23 anni, di persone che in questi di 23 anni non sono mai mancate. Che arrivano pian piano, chi prima chi dopo. Chi già alle 16.30, chi allo scoccare dei minuti. Nessuna foto per quei quattro capannelli di persone che prima di avvicinarsi alla lapide stanno ognuno per conto suo con migrazioni veloci. Perché poi nelle divisioni i legami continuano. Nessuna foto per quellabbraccio e quelle chiacchiere tra due vecchi carusi che da tempo non si vedevano. Nessuna foto invece per quell’altro abbraccio mancato.
L’immagine è solo quella della lapide. Quella posta dagli studenti tanti anni fa: Qui è stato ucciso Giuseppe Fava. La mafia ha colpito chi con coraggio l’ha combattuta, ne ha denunciato le connivenze col potere politico ed economico e si è battuto contro l’installazione dei missili in Sicilia. Gli studenti di Catania. Gli studenti, quelli di oggi, che non ci sono più al 5 gennaio. Che non ci vengono da tanto tempo. Nemmeno quegli studenti che al mattino avevano affollato l’incontro con Fabrizio Gatti invitato all’Università grazie al premio che ha vinto e che porta il nome di Giuseppe Fava. La prima edizione del Premio Nazionale Giuseppe Fava, dal titolo Nient’altro che la verità, scritture e immagini contro le mafie. Perché non c’erano? Alcuni erano già al centro Zo per la premiazione.
Nessuna foto per quella macchina, sempre diversa, ma puntuale di anno in anno: quando ci si stringe sotto la lapide abbassa il finestrino e chiede: «Cosa è successo?». E nessuna immagine per la saracinesca che non si abbassa, per quel meccanico che continua a lavorare anche in quei pochi minuti di silenzio. Il silenzio sotto la lapide. I fiori. I fiori dell’Università per la prima volta. Bel segno. Ma gli studenti? L’età media dei presenti alla lapide è alta, qualche politico, nessuna istituzione, qualche ragazzo. Troppo poco.
C’è un vigile, solo. Fa scorrere le macchine e gli autobus. E ci sono altri fiori, probabilmente, del Comune. C’è un volantino di Città insieme che segnala, a chi già sa che La Sicilia non ha pubblicato un loro comunicato, che invitava la cittadinanza a venire alla lapide. Già, ancora il silenzio della lapide. Il silenzio dei familiari, nel ricordo di una storia collettiva ferita in quel giorno.
Soprattutto, però, il silenzio per loro è anche una questione privata.