La nostra tesi e' che tutto quello che succede oggi in sicilia non e' il frutto di ritardi burocratici. La nostra non e' una grande burocrazia. Ma non commetterebbe certi errori cosi grossolani che offendono l'intelligenza. La realta' potrebbe essere un'altra. . .
Cantieri di lavoro, Formazione, Fondi europei: e se dietro questi ritardi ci fosse una regia?
LA NOSTRA TESI E’ CHE TUTTO QUELLO CHE SUCCEDE OGGI IN SICILIA NON E’ IL FRUTTO DI RITARDI BUROCRATICI. LA NOSTRA NON E’ UNA GRANDE BUROCRAZIA. MA NON COMMETTEREBBE CERTI ERRORI COSI GROSSOLANI CHE OFFENDONO L’INTELLIGENZA. LA REALTA’ POTREBBE ESSERE UN’ALTRA…
Nella cosiddetta Prima Repubblica i ‘Cantieri scuola’ – che oggi si chiamano ‘Cantieri di lavoro’, ma sono la stessa cosa – erano considerati il modo più sbrigativo per aggredire i momenti di crisi economica, soprattutto nel Sud Italia. In Sicilia, il Sindaco di un Comune in affanno chiamava il parlamentare di riferimento – nazionale o regionale – e dopo pochi giorni, o un paio di settimane al massimo, arrivava il finanziamento per l’avvio del ‘Cantiere scuola’.
Dopo la comunicazione al Comune, il Sindaco avviava immediatamente i lavori. A fine mese tutti i dipendenti venivano pagati. Si trattava, per lo più, di piccole opere pubbliche.
Oggi apprendiamo che, dopo oltre un anno, 50 milioni di euro di ‘Cantieri scuola’ annunciati dal presidente della Regione, Rosario Crocetta, in prossimità di non ricordiamo più quale campagna elettorale, sono ancora bloccati. Errori burocratici, dicono. Della burocrazia regionale, per la precisione. Possibile?
Sui fondi europei, dopo sette anni, scopriamo che sono stati spesi il 40-50 per cento delle risorse disponibili. Altri ritardi imputabili alla burocrazia regionale. Possibile?
Nel settore della Formazione professionale i pagamenti ai dipendenti del settore scontano ritardi incredibili. Otto, dieci mesi. Talvolta oltre un anno. In qualche caso anche due anni. La responsabilità? La burocrazia regionale.
Abbiamo citato tre casi eclatanti. Ma ne potremmo citare altri. I pagamenti alle imprese da parte della pubblica amministrazione, ad esempio. Problema comune a tutta l’Italia. Ma con la solita specificità siciliana, se è vero che, qualche mese addietro, la Regione ha contratto un mutuo di quasi un miliardo di euro per pagare le imprese!
Per non parlare del decreto legge n. 66 di quest’anno che sta, di fatto, bloccando le forniture in tutti i Comuni siciliani, ad eccezione dei nove capoluoghi di provincia. Un provvedimento che, guarda caso, sta bloccando un’importante sezione della spesa pubblica nella stragrande maggioranza dei Comuni dell’Isola (i particolari li potete leggere in altra parte del nostro giornale).
La verità è che i ritardi nei pagamenti riguardano, ormai, tanti, forse troppi settori della vita pubblica siciliana. In molti casi non ci sono i soldi e si attende che l’Ars approvi la terza manovra finanziaria. E’ il caso degli operai della Forestale, dell’Arpa, di interi settori dei beni culturali, degli enti, delle associazioni e delle fondazioni culturali e via continuando con mezza Amministrazione regionale oggi al verde.
In altri casi i soldi ci sono, ma i pagamenti non vengono effettuati lo stesso. E’ il caso della già citata Formazione professionale. I pagamenti, in questo caso, non dipendono dai fondi regionali, ma dalle risorse finanziarie del cosiddetto ‘Piano Giovani’.
Chi ha un po’ di memoria ricorderà che i fondi del ‘Piano Giovani’ non sono altro che 450 milioni di euro presi qualche anno fa dal Fondo sociale e europeo (Fse) destinato alla Sicilia e dirottati a Roma. Uno stratagemma che forse ha fatto risparmiare al Governo nazionale il cofinanziamento e che, di certo, ha risparmiato alla Regione la rendicontazione di questi fondi a Bruxelles.
In questo caso, lo ribadiamo, i soldi ci sono, ma l’Amministrazione regionale non paga lo stesso (è di questi giorni la protesta eclatante di Giuseppe Raddusa, il dipendente di un ente formativo di Catania che, per la seconda volta, si è incatenato a Palermo per costringere gli uffici della regione a pagarlo).
Detto questo, noi vorremmo illustrare una nostra tesi che non ha nulla a che vedere con la tesi dominante, in base alla quale la responsabilità di tutti questi ritardi sia da addebitare alla burocrazia regionale.
La burocrazia regionale ha tanti difetti. E’ peggiorata notevolmente dalla legge regionale n. 10 del 2000 ad oggi. Soprattutto per la parte che riguarda gli dirigenti generali, che non possono essere paragonati ai vecchi direttori regionali che erano molto più preparati.
Ma tutto questo non può giustificare i ritardi nei pagamenti. Noi non crediamo che il mancato avvio dei ‘Cantieri scuola’ – o ‘Cantieri di lavoro’ – sia il frutto di errori burocratici. Così come non crediamo che i ritardi nei pagamenti dei dipendenti della Formazione professionale siano il frutto di disguidi burocratici. Così come non crediamo che i burocrati della Regione siano incapaci di spendere i fondi europei.
Noi pensiamo un’altra cosa: e cioè che tutti questi ritardi siano il frutto di scelte politiche e amministrative comunitarie, nazionali e regionali.
Non sfugge, agli osservatori che, da qualche anno, l’Unione europea impone il ‘Patto di stabilità’. Anche se i Paesi hanno a disposizione i soldi, non li possono spendere tutti, perché non debbono sforare un certo ‘tetto’ di spesa.
In quasi tutti i Paesi l’economia è rappresentata dal settore pubblico e dal settore privato. L’anomalia siciliana è rappresentata dal fatto che quasi tutta l’economia è pubblica. O meglio, l’economia ufficiale è in larga parte pubblica (quella sommersa non la possiamo prendere in considerazione).
Il risultato è che, in Sicilia, quando si mette in atto il ‘Patto di stabilità’ non si ha una semplice – seppur sempre problematica – riduzione dei pagamenti, ma si bloccano interi settori dell’economia siciliana ufficiale, quasi tutta pubblica.
Da qui – questa è la nostra tesi – i ritardi sistematici dei pagamenti in tutti i settori della Pubblica amministrazione siciliana. Perché se l’Amministrazione pubblica della nostra Isola dovesse effettuare i pagamenti come venivano effettuati, ogni mese, prima del 2008, succederebbero due cose:
un immediato default (perché la Regione e i Comuni dell’Isola non hanno più la disponibilità finanziaria per pagare tutti i soggetti che, bene o male, hanno pagato fino al 2008);
lo sforamento immediato del ‘Patto di stabilità’.
Davanti a questo scenario, invece di raccontare la verità, si preferisce credere che sia tutto un problema ‘burocratico’: che i ‘Cantieri scuola’ o ‘Cantieri di lavoro’ non partono perché ci sono ritardi burocratici: che i dipendenti della Formazione non si pagano perché ci sono ritardi burocratici: che i fondi europei destinati alla Sicilia non si spendono perché ci sono ritardi burocratici (cosa, questa, che in parte è vera, ma è agevolata dallo Stato che risparmia sul cofinanziamento).
A nessuno, ovviamente, viene in testa che tutto questo possa essere programmato tra Bruxelles e Roma, con l’avallo della Regione. A nessuno viene in testa – ma guarda che caso – che da questa strana gestione del ‘Patto di stabilità’ restino fuori alcuni settori: la politica, gli appalti per la gestione dei rifiuti e dell’acqua (con annessi & connessi…), gli incarichi ai soggetti esterni all’Amministrazione regionale, le consulenze, la gestione, in alcuni casi piuttosto disinvolta, delle energie alternative.
A tal proposito, regaliamo ai nostri lettori un ricordo. Tra il 2oo9 e il 2010, quando la Regione ha provato a mettere avanti la spesa dei fondi europei, iter che era stato interrotto nel 2008 dalle dimissioni dell’allora presidente Salvatore Cuffaro e dall’elezione di Raffaele Lombardo, Bruxelles fece sapere – cosa un po’ incredibile! – che l’avvio della spesa dei fondi europei, in Sicilia, era incompatibile con il ‘Patto di stabilità’.
A molti l’avvertimento di Bruxelles sembrò una follia. Ma per quanto cervellotico, antikeynesiano e folle sia il ‘Patto di stabilità’, l’avvertimento degli uffici dell’Unione europea era paradossalmente legittimo.
In quegli anni il Governo nazionale retto da Berlusconi utilizzava le risorse del Fas (Fondo per le aree sottoutilizzate) non per le infrastrutture siciliane, ma per pagare i debiti e i precari dei Comuni di Palermo e di Catania. Ed erano ‘botte’ di 40-50 milioni di euro a colpo! Mentre altri fondi nazionali – Ministero del Lavoro – venivano spesi, sempre in Sicilia, per finte politiche attive del lavoro (in realtà, anche in questo caso, si pagavano i precari).
Per non parlare della Cassa integrazione (di lì a qualche tempo sarebbe iniziata la Cassa integrazione per gli operai della Fiat di Termini Imerese).
Bruxelles, di fatto, stava dicendo che loro i conti li sapevano fare e che l’eventuale utilizzo dei fondi europei, sommati al flusso di denaro pubblico che alimentava il precariato e la spesa improduttiva nella Sicilia di quegli anni, avrebbe determinato lo sforamento immediato del ‘Patto di stabilità’.
In quelle settimane, guarda caso, prendono piede tutte le invenzioni finanziarie per aggirare i vincoli europei postergando la spesa: i già citati 450 milioni di euro presi dal Fondo sociale europeo e dirottati a Roma, i fondi Jeremy e Jessica e altre diavolerie ancora.
La nostra tesi sembrerà folle? Certo, dire che i ritardi nei pagamenti, ieri come oggi, in Sicilia, siano pianificati può sembrare una follia. Ma di follie, in questo periodo, in giro se ne vedono tante…