La sceneggiata degli F35: erano 130, poi 90 e ora solo 6! Costati un sacco di soldi e non volano neanche!

LA TELENOVELA DI QUESTI AEREI DA GUERRA ACQUISTATI DALL’ITALIA E’ INIZIATA CON PRODI E ANDREATTA. E’ PROSEGUITA CON D’ALEMA. E POI CON BERLUSCONI E ANTONIO MARTINO. QUINDI CON MONTI. E ADESSO CON RENZI. SOLDI BUTTATI, PERCHE’ SI E’ SCOPERTO CHE PRENDONO FUOCO IN  VOLO. E SONO STATI FERMATI. MA LA SPERIMENTAZIONE – ALLA QUALE PARTECIPANO ANCHE GLI IGNARI CONTRIBUENTI ITALIANI – VA AVANTI. E COSTERA’ AL NOSTRO PAESE DA 12 A 14 MILIARDI DI EURO! I SOLDI SI TROVANO TOGLIENDOLI AGLI ITALIANI CON L’INTRODUZIONE DEL POS E CON LE NUOVE TASSE

Forse qualcuno non lo avrà notato, ma il numero di telenovele e soap opera messe in onda dalle tv è diminuito. E di molto. La causa di un simile fenomeno è da attribuire ai telegiornali. Ciò che più di ogni altra caratterizzava le telenovele era il fatto di essere praticamente senza fine: c’era chi moriva e poi rispuntava come da niente, chi decideva di lasciare la produzione e, dopo qualche tempo, riappariva inspiegabilmente, a volte con un altro ruolo…

La stessa cosa oggi avviene con le notizie riportate dai telegiornali: spesso sembra di assistere ad una delle tante soap opera che per anni o decenni hanno riempito le case e la vita della gente. Politici corrotti, cattiva gestione della cosa pubblica, delinquenza, crisi economica, leader politici che dicono che la ripresa ci sarà l’anno che verrà, MARO’ dimenticati in India e malasanità sembrano essere solo alcuni dei “serial televisivi” oggi più seguiti.

Pare, però, che quello sta riscuotendo maggior successo, anche grazie alle novità che, settimana dopo settimana, vengono fuori, è quello che ha come protagonisti degli aerei: gli F35 della Lockheed.

La prima puntata della telenovela “F35” è andata in onda nel lontano 1996, quando, l’allora premier Prodi, con il Ministro della Difesa, Nino Andreatta, decise di dotare le Forze Armate di un nuovo velivolo multiruolo (eufemismo per indicare un aereo da combattimento che in alcune versioni è un vero e proprio “bombardiere”…e già la cosa desta discussioni: che se ne fa l’Italia di un bombardiere? ma quelle all’estero non erano missioni di pace?).

La suspense cresce (ma è un giallo o una telenovela?) fino al 1998, quando Massimo D’Alema, alloca capo del Governo, firma un “protocollo” con gli USA e la Lockheed per l’acquisto degli aerei.

Nel 2002 con Berlusconi, allora presidente del Consiglio e Antonio Martino, ministro della Difesa, si dà il via libera definitivo all’accordo. Che, però, come in tutte le telenovele che si rispettino, non è una semplice commissione (“io compro gli aerei, tu me li consegni e fine del discorso”). L’Italia si impegna a fornire i fondi per circa il 4 per cento dell’ ”intera” fase ricerca e sviluppo (iniziata nel 2002 e non ancora conclusa). In cambio comprerà 130 aerei F35 e ne produrrà non si sa quanti in uno stabilimento in Italia.

Quindi, in pratica, Berlusconi ratifica l’acquisto di qualcosa che però paga non una, ma due volte, dato che compra qualcosa per cui ha pure contribuito alle spese di progettazione…

Il tutto con un costo per l’Italia di svariati miliardi di Euro, ma il costo totale infatti è ancora da definire esattamente (…se no che telenovela è?).

A febbraio 2012, sotto il Governo “tecnico” di Monti, il ministro Di Paola, un “tecnico” dato che è stato capo di stato maggiore della Difesa dal 2004 al 2008, informa il Parlamento (gli italiani lo sanno solo a cose fatte, ma tanto loro sono dei semplici spettatori di questa telenovela…) annuncia all’Italia che, non si quando, verranno consegnati non 131 aerei, ma solo 90. La decisione viene presentata come uno sforzo di economizzare la spesa da parte del Governo, dato che l’Italia attraversa un grave momento di crisi.

In realtà, a ben guardare, per i telespett…, scusate, per i contribuenti non c’è alcun risparmio dato che il costo degli aerei sta continuando a crescere e a lievitare e la spesa complessiva pare rimarrà invariata.

Contemporaneamente, come in tutte le telenovele che si rispettino, non mancano i colpi di scena. Mentre, da una lato, i costi per la progettazione (quelli ai quali l’Italia deve contribuire…) continuano a crescere, dall’altro cominciano a diffondersi voci accreditate sulla “qualità” del prodotto.

Pare che gli F35 presentino gravi difetti di fabbricazione. C’è chi, invece, fa notare che questi aerei sono dotati di un sistema che permetterebbe agli USA di intervenire a distanza per bloccarli a terra e, quindi, renderli inutilizzabili in caso di conflitto non gradito.

C’è poi chi dice che gli aerei non sarebbero in grado di volare in condizioni meteo non ottimali: la protezione contro i fulmini infatti sarebbe insufficiente (in fondo c’è solo da sperare che nessuno cerchi di invadere l’Italia quando il cielo è nuvoloso …).

Intanto i costi continuano a lievitare. Solo nel 2012, ad esempio, solo alla voce “Sviluppo velivolo Joint Strike Fighter” (F35) il Bel Paese dedica 548,7 milioni di euro pagati con le tasse degli ignari italiani. La spessa complessiva, però, resta non ben definita: si parla di una cifra che oscilla tra i 12 e i 14 miliardi di Euro seppure da ripartire in diversi anni.

Somme non indifferenti, specie se si considera che il Paese è in crisi e, ancor di più, se è vero, come riporta Custodero su la Repubblica, che “non esiste alcun contratto di acquisto, ma solo un memorandum of agreement [….. ] e successivamente un memorandum of under standing firmato tra tutti gli Stati, con un parere favorevole del 2009 delle commissioni Difesa della Camera e del Senato”. [Alberto Custodero, la Repubblica 26/6/2013].

Ma come, se un italiano va al bar e compra un caffè per pochi centesimi DEVE richiedere lo scontrino fiscale, mentre se il Governo spende alcuni miliardi di Euro per comprare aeri da guerra non è necessario un regolare contratto? Come farebbe l’Italia a far valere la “garanzia” in caso di guasto (cosa tutt’altro che improbabile come hanno dimostrato gli eventi).

Ma una telenovela, pardon, una vicenda come questa non poteva non vedere il coinvolgimento di colui il quale ha imperniato tutta la sua campagna mediatica (non elettorale visto che è stato chiamato a governare l’Italia senza essere stato eletto dagli italiani in regolari elezioni politiche).

Non potendo più negare che l’acquisto degli F35 è un fallimento (specie dopo che il Government accountability office, l’agenzia che controlla i conti pubblici negli Stati Uniti, ha diffuso nel 2012 un documento, Restructuring added resources and reduced risk, but concurrency is still a major concern, nel quale sollevava forti preoccupazioni circa questo velivolo), nei giorni scorsi, il Governo, per bocca del ministro della Difesa, è intervenuto sulla vicenda.

Roberta Pinotti, questo è il nome del Ministro della Difesa, prima ha comunicato che il Governo ha deciso di adottare una tecnica popolare innovativa (anche se già utilizzata da Monti): ha diffuso un indirizzo e-mail sul quale i cittadini potranno inviare idee, consigli e lamentele. A cosa servirebbero le lamentele di un cittadino che non volesse acquistare un aereo inutile non si sa, ma almeno sa di approccio “democratico”.

Poi ha pensato che fosse necessario “giustificare” le scelte del Governo attuale e di molti di quelli che lo hanno preceduto, chiedendo, in una riunione della commissione Difesa di Senato e Camera, una lettura pragmatica delle esigenze dell’Italia relativamente alle capacità militari, alla struttura industriale e alla sostenibilità dei conti pubblici: “Il dibattito sugli F-35 non può ridursi all’acquisto o meno di un velivolo, ma deve contribuire a un ragionamento complessivo che attiene al Sistema Paese e alla sua proiezione strategica”. Da ultimo ha sospeso sine die la questione F35, rimandando la decisione finale a dopo la stesura del Libro Bianco della Difesa.

Intanto fino ad allora sono stati confermati i lotti 6 e 7 dei famosi F35, precedentemente ordinati, per un totale di sei (leggere SEI) velivoli.

Riepilogando, nel corso degli ultimi decenni, un numero illimitato di esemplari di HOMO POLITICUS sono stati capaci di impegnare e, in parte, spendere una smisurata quantità di soldi dei contribuenti per comprare non 130, non 90, ma bensì 6 (leggere SEI) aerei?

Aerei che, tra l’altro, non devono volare. Sì, perché, come in tutte le telenovele che si rispettino, quando si parla di F35, i colpi di scena non mancano: l’Aeronautica e la Marina statunitensi hanno ordinato che tutta la flotta dei Joint Strike Fighter-F35 resti a terra per una “revisione straordinaria”. Il 23 giugno scorso alcuni F35 alla base aerea Eglin pare abbiano inspiegabilmente e improvvisamente preso fuoco. ”La ripresa dei voli sarà decisa sulla base dell’esito dei controlli e dell’analisi delle informazioni raccolte”, ha detto il portavoce del Pentagono, ammiraglio John Kirby.

Forse non saranno molti i lettori (come potrebbero visto che la decisione di acquistare questi aerei è stata presa senza chiedere la loro opinione) che ricorderanno che gli F35 furono presentati come una “meraviglia di tecnologia”. In realtà, sono stati quasi subito un fiasco totale tanto che molti esperti hanno detto che in reale combattimento verrebbero surclassati da tutti gli aerei concorrenti, anche quelli il cui progetto risale a molti decenni prima.

L’unica cosa che ha realmente preso il volo con gli F35 sono state spesa pubblica e tempi di consegna (ammesso che li si vedrà mai volare ed essere operativi). Ma non basta: sì, perché una delle scuse adottate dai Governi che per anni anno sostenuto la decisione di comprare gli F35 è stata che questi aerei sarebbero stati costruiti in parte in Italia, nello stabilimento di Cameri.

Diminuire il numero di F-35 “significa meno posti di lavoro“, ha detto durante la Airpress Conference tenuta a Roma, Derek Chollet, segretario aggiunto per gli Affari della sicurezza internazionale presso il Pentagono; “quando l’Italia ha diminuito il piano originale di acquisizione da 131 aerei a 90, si sono visti gli effetti negativi che possono verificarsi in questi casi: c’è stato un decremento nella partecipazione industriale della Penisola e nei posti di lavoro associati con gli F-35“.

Come dire: dato che molti dei Paesi che avevano commissionato gli F35, viste le performance eccellenti, hanno già rinunciato all’acquisto, se non vorranno chiudere gli impianti produttivi (aumentando così il numero dei disoccupati del Bel Paese) gli italiani saranno costretti a produrre aerei inutili e continuare a pagarli agli USA.

Neanche gli sceneggiatori delle migliori soap opera sarebbero riusciti a fare meglio…

 

 

 

 

 


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